Francesco Guccini

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È ancora possibile recensire Francesco Guccini dopo 40 anni di carriera e dopo centinaia di concerti? Devo confessare che, per un lungo istante, ho avuto l’amletico dubbio. A farmi cambiare idea sono state le parole di un B-Boy trentenne che, uscendo dall’ incantevole Mazdapalace genovese, ha detto:

” ..anche questa volta il Guccini mi ha fatto venire i brividi nella schiena….”.

Quindi se è ancora viva la voglia di ascoltare, capire ed emozionarsi per Francesco Guccini, deve essere ancora viva la penna che cerca di narrare i sentimenti e le impressioni che sorgono.

Il tour di “Ritratti”, ultimo album di Guccini, può essere metaforicamente rappresentato, come un disegno di Echer in cui il lato positivo si interseca con quello negativo attraverso flussi ciclotimici, che a tratti destabilizzano e sorprendono, e a tratti confortano e rivitalizzano. Infatti il live in Genova questa volta ha lasciato una buona dose di perplessità sui volti dei numerosissimi paganti, forse sorpresi da alcuni azzardati arrangiamenti di alcuni classici del passato, forse per l’eccessiva parlantina a tonalità politiche pre-elezioni, o forse pe runa scaletta che non riesce ad alternare in maniera sapiente i ritmi del concerto, rischiando a tratti di mantenere sotto tono lo show. Nonostante la solita dote istrionica, grazie alla quale ha dispensato ironia e pungente satira, ai molti, Guccini, questa volta è apparso senza la sua solita verve. Ma, come in un match calcistico, i fuoriclasse emergono e divertono in ogni condizione, ed è per questo che i brividi comunque ci sono stati, e cosa importa se qualcuno esce deluso per non aver sentito “Eskimo”o “L’avvelenata”, o per non aver visto Vince Tempera esibirsi in riff cartooneschi; in casi come quello di Guccini è praticamente impossibile riuscire ad accontentare tutti, visto l’enorme repertorio a disposizione.

Tante sono state le canzoni proposte al pubblico, “La ziatta”, “Autogrill”, “Il vecchio e un bambino” e per la prima volta a Genova “Piazza Alimonda” splendido brano che, in poesia, cerca di narrare la rabbia, le tensioni, lo sbigottimento di una città ferita, dilaniata dalle barriere e dalle barbarie del G8. Un brano interpretato magistralmente che porta con se intensità ed emozioni forti, che si percepiscono sia nella voce del cantante sia nel lunghissimo applauso che chiude il brano.

Dopo tracks a sfondo storico-letterario come “Cristoforo Colombo”, Odysseus” e “Cyrano”, Francesco viaggia nel tempo regalando una magnifica versione di Auschwitz,seguita dal classico gran finale, che come ormai da copione chiude gli spettacoli di Guccini: “Dio è morto” e “La locomotiva” accompagnata dal canto urlato dei presenti e da molti pugni chiusi verso il cielo.

Insomma, nonostante alcuni “Ma” e qualche “ anche se”, il concerto del elegiaco cantautore modenese sempre un “must”, qualcosa che non può stancare mai, qualcosa che sempre regala emozioni e ricordi, qualcosa che riesce incredibilmente ad unire ben tre generazioni diverse.