Marco Philopat – Costretti a sanguinare recensione.

Cover del Libro

Per chi ancora non lo sapesse, Marco Philopat, volente o nolente, rappresenta oggi una sorta di memoria storica di quello che fu il Punk, o meglio il Punx, in Italia durante i suoi fiorenti albori.

Marco, infatti, oltre ad aver vissuto in prima persona l’avvento differito della civiltà punk nostrana, a suo tempo, ha avuto l’onere e l’onore di essere tra coloro i quali hanno lottato per fondare (e soprattutto per mantenere viva) l’esistenza del famoso Virus di Milano. Proprio in via Correggio 18 hanno trovato terreno fertile centinaia di band, mettendo in atto una difficile lotta contro il mercato musicale ufficiale.

Proprio le varie vicissitudini di uno dei primi e più famosi centri sociali, rappresenta la più adatta scenografia di “Costretti a sanguinare- Il romanzo del punk italiano 1977-1984”, in cui in overlay appare Philopat, protagonista in prima persona di questa realtà alternativa, fatta di musica grezza e piuttosto lontana dal classico mainstream.

Il libro, riedito da Einaudi, è l’opera prima dell’autore ( seguiranno “La Banda Bellini” nel 2002, “I viaggi di Mel” nel 2004 e “Lumi di punk, la scena italiana raccontata dai protagonisti” nel 2006), capace di esprime le sensazioni di allora, attraverso una particolare narrazione al presente, priva di ogni forma classica di punteggiatura. Tutte le 200 abbondanti pagine, infatti, raccontano le circostanze in una sorta di flusso di coscienza, utilizzando solamente trattini per definirne le pause, in modo da, dice l’autore, richiamare l’atto del parlare. L’idea sperimentale è molto punk nella sua originalità, nella sua voglia di stupire e provocare al medesimo tempo. Anche se inizialmente appare faticoso riuscire ad entrare nell’animo di questo particolare gettito di lemmi, obiettivamente sulla lunga gittata risulta alquanto funzionale alla narrazione.

La storia è quella di un giovane libero dalle principali forme comuni di conformismo che, partendo da Baggio, nell’ hinterland milanese, si ritrova inevitabilmente a rivivere un altro tipo di conformità: quella punk. La narrazione sfila piacevole e veloce attraverso i viaggi che il protagonista svolge in Europa, scoprendo i luoghi del No future, la Londra degli Squat e l’Italia delle desertiche, degradanti e orrorifiche periferie.

Un libro che racconta un importante periodo “storico” dei movimenti giovanili, minato dal mito dell’autodistruzione, che ne ha senza dubbio decretato l’implosione, culminata con la chiusura del Virus nel 1984.

Un libro che di certo piacerà a sociologi, a curiosi e soprattutto a chi oggi si crede Punk.