Metallica Spring/Summer tour 2008 Bologna

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Premessa

Li ho amati incondizionatamente tra la velocità percussiva di “Kill ‘em all” e “Master(piece) of puppets”. Li ho denigrati e criticati fortemente tra “Load” e “Reload”, senza però abbandonarli. Li ho odiati e vituperati per la folle e avida questione Napster.

Sin dalla premessa, appare chiaro come il mio excursus sentimental-musicale nei confronti dei Metallica, pur essendo ciclotimico, non poteva non concludersi con un ritorno di fiamma, scoppiato proprio la sera del 22 luglio 2008 all’Arena Parco Nord di Bologna.

Il cerchio si è finalmente chiuso, ritornando al legame che me ne fece invaghire nel 1983.

I “Four horsemen” sono arrivati in Italia per una data unica del loro nuovo “Spring/summer tour 2008”, che personalmente ho aspettato carico di curiosità e perplessità. Il timore iniziale è stato quello di dover assistere ad un promo live di lancio, per l’imminente uscita di “Death magnetic”, ultimo full-lenght, atteso per metà settembre.

Invece…

Il concerto

Entrare all’Arena Parco Nord di Bologna è sempre un emozione particolare, la curva parabolica che fa da contorno con i suoi prati, è già colma di gente. Molti dei presenti sono accalcati nel parterre incuranti del caldo estivo.
Durante live del genere non ci si annoia di certo, neppure durante i momenti di passaggio. Si ascolta la musica proposta dall’organizzazione, si fraternizza, si beve birra e si passa il tempo ad osservare folli estetismi e bislacche magliette. Ognuno dei presenti ha qualcosa da dire, e lo fa attraverso tatuaggi e t-shirt. C’è chi mostra fiero il tatuaggio sulle scapole con la scritta “Metallica” corredata da simbolismi ben conosciuti, c’è chi mostra dragoni e teschi oppure curiose incisioni come l’impegnativo volto di Eddie in “Killers” realizzato sull’intera schiena. C’è chi invece preferisce comunicare tramite le t-shirt, capaci di fondere a 360° il mondo metal, c’è chi curiosamente ricorda che “Stage diving is not a crime” e chi preferisce ricordare la propria fede calcistica con “Elkjaer Sindaco”.

A fare da Gueststar ai losangelini sono The Sword e Down. I texani capitanati dal convincente Croniste, riescono a sviluppare un live di buona caratura, sviluppando le usuali tematiche norreniche, attraverso una discreta tecnica d’esecuzione che a tratti riporta alla mente proprio le prime performance dei Metallica, sfociando in un speed-trash che nonostante il non troppo convincente “Gods of the Earth”, sembra possedere prospettive interessanti.

Alquanto deludenti invece (e qui forse non tutti saranno in accordo) i Down di Phil Anselmo. L’ormai quarantenne frontman non è di certo più quello dei Pantera, le movenze sul palco appaiono quasi forzate per uno sludge metal che convince solo a tratti. La maggior parte dei presenti sembra comunque apprezzare, anche se l’entusiasmo non fiorisce più di tanto, forse perché gli arrangiamenti sviluppati non sono stati adeguati all’obiettivo di sprigionare i rallentamenti doom, troppo soffocati da un’incalzante Bower ad una batteria virata verso l’hc.

Sono le 21.00 il crepuscolo all’orizzonte si sta spegnendo, mentre il palco di 30 metri inizia a svegliarsi dal sonno. Un’ovazione accoglie gli attesissimi Metallica che stupiscono immediatamente con una partenza nitro “Creeping Death”, “ For Whom The Bell Tolls” e “Ride The Lightning”.

Diciotto minuti di pura folgorante energia.

Guardando attorno a me, vedo persone di ogni età entrare nell’adorante delirio. Un gruppo di quattro cinquantenni estasiato dall’inizio del live, sembra catapultato nel passato…ben 24 anni! I più giovani, forse meno coinvolti da emozioni e ricordi, apprezzano di buon grado la più recente “Harvester Of Sorrow”, che anticipa di poco la magnificenza di “…And justice for all”.

Un incredibile ed inaspettato inizio, un live che ha il sapore di evento sin dalle prime battute. Basta guardarsi attorno per capire che la band gode di piena salute. James Hetfieled, risolte le problematiche personali, appare oggi un uomo nuovo, corre continuamente tra un microfono e l’altro posizionati in otto diverse postazioni del palco, Lars Ulrich regala al pubblico una esibizione memorabile, mentre la pacatezza di Hammett ben si complementa con Robert Trujillo, forse tra i migliori bassisti in circolazione, capace di conquistare i fans con i suoi classici movimenti scimmiotteschi, con i quali domina il palco come mai è riuscito a fare Jason Newsted.

Lo show, vissuto in diretta anche attraverso l’enorme schermo rettangolare posto sopra il palco, arriva all’apice con un splendida versione di “No remorse” e “Master of puppets”, che lasciano senza fiato i presenti, nonostante una “steccata” di Hetfield durante la seconda strofa di uno dei più imponenti pezzi metal di sempre.
Subito dopo è la volta “Whiplash”, che scatena gli animi nutriti dai riff di Kirk, nati dalla chitarra personalizzata con il logo di “The Mummy” di Boris Karloff, mentre un oceano di telefonini viene estratto dalla folla, nel tentativo di immortalare il pathos di “Nothing Else Matters”, che al tempo con il suo arpeggio in MI minore funse da spartiacque tra il periodo trasher e quello mainstream.

Sono quasi le 23.00 il gran finale ha inizio con le note di “One”, cadenzate da esplosioni ai margini del palco, lingue di fuoco e giochi pirotecnici che inevitabilmente provocano un piacevole stupore tra i presenti. Mentre gli effetti caratteristici dell’intro si fondono con ulteriori scoppiettii, le chitarre di Hammett e Hetfield si alternano sapientemente per lasciare il posto alla batteria di Lars, che ne definisce la salita di tonalità. Guardando l’orologio che scorre inesorabile ci si rende conto che c’è posto ancora per qualche altra gemma come “Enter the sandman” e “So what?” cover degli Anti-nowhere league, apparsa come b-side di “Sad but true”.

Lo show sta per concludersi, le note di “Motorbreath” quadrano il cerchio, anticipando la perfetta “Seek and destroy” in cui la band saluta l’Italia con “We are scanning the scene In BOLOGNA tonight / We are looking for you To start up a fight!”

Conclusione

Uno spettacolo memorabile, di grande impatto sonoro e visivo, capace di conquistare trasversalmente tutti i presenti. Il merito di certo va attribuito alla forma smagliante della band, ad un’organizzazione perfetta, ma anche alla felice decisione di lasciare fuori dalla scaletta “St.anger” “Load” e “Re load”. Presumo che questa scelta sia stata tanto ponderata, quanto inevitabile. Forse ci si sarebbe potuto aspettare qualche anticipazione della nuova uscita, ma così non è stato e non credo che nessuno abbia la volontà di lamentarsene.

Scaletta

01. Creeping Death
02. For Whom The Bell Tolls
03. Ride The Lightning
04. Harvester Of Sorrow
05. Vleeding Me
06. The Four Horsemen
07. …And Justice For All
09. No Remorse
10. Fade To Black
11. Master Of Puppets
12. Whiplash
13. Nothing Else Matters
14. Sad But True
15. One
16. Enter Sandman
—–
17. So What?
18. Motorbreath
19. Seek & Destroy