Sweet Jane and Claire “We are ready for the electric chair”, recensione

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A snake bites your heart

Attivi da poco più di tre anni, gli Sweet Jane and Claire, brillante quintetto vitulanese, si affaccia nel nostro cosmo, con inusuali suggestioni musicali, libere dal trionfo dell’ovvietà. Infatti, la band sembra volersi proporre al mondo sonoro attraverso un’immagine nerboruta e disorientante, quanto la surreale ed horrorifica opera di cover art curata da Adrian Velazco e Emiko Shimabukuro. Un ambiente artistico ricreato attorno ad idee limpide ed articolate, pronte a rivisitare il mondo shoegaze mostrando i fili scoperti dell’alternative, qui mescolato a sensazioni popular , electro e garage. Da qui si parte per un viaggio arricchito di striature synth-noise e linee cripto-psichedeliche.

A dare battesimo a questo nuovo We are ready for the electric chair è l’introduzione folle e disarticolata di Box full of joy, che in maniera ossessiva si offre, con strampalati coretti poppeggianti, a riff spigolosi, pronti ad avvolge la filtrata vocalità di Luca Zotti; protagonista di un ecosistema sonoro rapito dal mondo seventies.

Gli echi retrò si modificano mediante cambi direzionali, in cui la sei corde racconta la sua storia attraverso note pulite, pronte a divergere su suoni scomodi e consumati. Da qui si riparte per ritrovarsi tra i filtraggi e l’andamento punk-garage di Radar, il cui fil rouge reiterato si appoggia all’emozionale distorsione di una finitura strutturale ricca di stilemi vintage e confini aperti.

La seconda opera del power trio beneventano, prosegue con l’ottima Don’ t be cruel ( che nulla ha a che fare con Elvis), abile nell’ innestarsi tra le sinapsi dell’ascoltatore, tra rigurgiti psichedelici dall’impatto emotivo, e ricchi di cromatismi caleidoscopici, pronti a rinvigorire shogaze e ricalchi fine anni’60 ( Sex Tex Mex). I riverberi, mescolati ad armonie e buone intuizioni, ci portano verso l’anima easy (troppo easy) di Kin deal e le auree sintetiche di Scattering, inquieta e rigonfia di spezie electro.

Il disco ci conduce alla chiusura del suo cerchio con l’ottimo groove di Idol. schiacciata tra ritmica grezza e battente, ed una linea vocale che ancora una volta si pone ai limiti della golden age dell’alternative rock. Se poi con Bike in heaven si cede ad un andamento più osservativo, è con la terminale Gaza Raza che la band ribadisce giochi sonori applicati a (post) rock, intuizioni surf e granulosità lo fi, trainate da cambi direttivi che nascondono idee ed ironia espressiva.

Tracklist

1. box full of joy
2. radar
3. don’t be cruel
4. rarefield landscapes
5. sex tex mex
6. kim deal
7. tied limbs
8. teasing play
9. scattering
10. sensorial collapse
11. idol
12. bike in heaven
13. gaza raza