“Non erano solo canzonette” Lucio Salvini, recensione

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Un semplice cerchio rosso, in cui rimane incastonato il bianco della scritta. Signore e signori ecco a voi Skira, felice realtà multilivello, in grado di fornire servizi di organizzazioni eventi di alta qualità, giungendo così ad abbracciare la normalizzata attività editoriale. Un percorso parallelo, che mostra una visione certamente più allargata dell’usuale, proprio come dimostra l’ampio catalogo offerto dall’editore milanese.
Tra gli scaffali di Skira, qualche tempo addietro, scovai un volume non troppo pubblicizzato, che si è dimostrato essere uno tra i migliori saggi degli ultimi anni. Infatti, leggere Non erano solo canzonette è stato (almeno per me) come intraprendere un lungo e piacevole viaggio ricco di aneddoti, eventi e straordinarie testimonianze. Leggere l’opera di Lucio Salvini (Deus ex machina della discografia italiana) è stato un po’ come ritrovarsi nel mondo raccontato da Joan Jonasson, in quanto la vita narrata da Salvini appare talmente curiosa e sorprendente, da apparire talvolta surreale, ma sempre avvincente, credibile e gustosa.

Un’infinita serie di piccole narrazioni che, private di un tedioso andamento cronologico, spostano l’attenzione non solo sull’asse del tempo, ma anche dello spazio. Centinaia di racconti portati alla mente dal suo testimone chiave, attraverso una narrazione fluida e diretta, pronta a raccontare decenni di storia musicale.
Questa volta, però, il mondo incantato delle note è osservato attraverso gli occhi di un discografico, definendo così modalità osservative inedite, poste in un vortice espressivo in grado di divertire in maniera piacevole.
Tra gli infiniti dedali labirintici del saggio, si ritrova un mondo solo apparentemente magico e dorato, impreziosito da bizzarri e inattesi retroscena. Un sentiero che condurrà verso l’idiosincrasia di Bennato nei confronti dei media e la spocchiosità del reuccio della canzone italiana, senza dimenticare la follia artistica di Patty Pravo e il difficile rapporto comunicativo con Fabrizio de Andrè. Un flusso di coscienza in grado di allineare Nilla Pizzi ai Sex Pistols, passando da surreali trovate pubblicitarie, baci omosessuali e mazzette.

Insomma, un viaggio attraverso esperienze condivise, rapporti amicali e professionali, analizzati senza troppi filtri, qui privati del becero senso “gossipparo”, di cui spesso, troppo spesso l’epoca moderna si ciba.