Baustelle – Amen, recensione.

Cd cover

I gruppi universitari nascono grazie a un ideale comune: fare buona musica, cercando di andare contro il sistema, ovvero componendo senza pensare al mercato discografico. Da lì nasce il puro piacere per l’arte. Le band indipendenti sono spesso ignorate dalle “etichette”, poiché, ultimamente, non è sicuro scommettere su qualcosa che potrebbe non dare il giusto risultato. La voglia di scoprire nuovi talenti è morta nel momento in cui si è cominciato pensare alla musica come a un programma televisivo: se il cantante fa tanti ascolti, può essere promosso, sennò niente; grazie a questo ragionamento, molte band perdono presto l’obiettivo che si erano prefissati quando avevano cominciato. Ora non si vuole generalizzare troppo, perché, come al solito, possono presentarsi delle eccezioni molto interessanti: una di queste arriva dalla Toscana e si configura come una band del panorama indie. Si sta parlando dei Baustelle.

Composti originariamente da Rachele Bastreghi ( voce, synth, piano elettrico, organo, clavinet, organo e percussioni ) Francesco Bianconi ( voce, chitarre, synth, organo ), Claudio Brasini ( chitarre ) e Fabrizio Massara ( programmazione e tastiere; fino al 2005 ), hanno una storia abbastanza comune: si sono conosciuti a Montepulciano e dopo tante demo arrivò il contratto discografico con la Warner, che li fece progredire da lavori più intimi ( Sussidiario Illustrato Della Giovinezza ) a progetti più pregiati ( La Malavita ). Il tutto culminò nel febbraio del 2008, con l’album “Amen”, uno spaccato sulla società moderna e passata in 15 tracce più due ghost track ( SpaghettiWestern; No Steinway ), farcite da molte collaborazioni con artisti di nota fama: Francesca Genti, Orchestra d’archi, il Maestro Alessandro Alessandroni, il musicista etiope Mulatu Astatke (padre dell’Éthio-jazz), Beatrice Martini, Sergio Carnevale, Beatrice Antolini ed altri.

I testi sono incredibilmente forti, ricchi di un linguaggio che non tocca mai i limiti della censura, poiché ogni parola, bella o brutta che sia, ha un motivo intrinseco all’interno della melodia. Non è facile descrivere il percorso che il progetto vuole seguire anche perché, come affermato dallo stesso vocalist, tutto è stato scritto con assoluta immediatezza, per sprigionare quello che la band aveva represso e scrivere sopra la parola “Amen”: quel che è fatto è fatto. Ci si aggira attraverso un passato terribile che ci appartiene ( Colombo; L’Uomo Del Secolo ) e un presente incredibilmente deludente che toglie ogni prospettiva futura ( Aeroplano ), ma lo sguardo volge sempre alla ricerca di Dio, per trovare il meglio al di là dello sguardo ( Alfredo!; L ). Tra canzoni d’amore ( La Vita Va ), denunce studentesche ( Charlie Fa Surf ), racconti di vite notturne ( Dark Room ) e inni in favore degli ideali ( Baudelaire; Panico ), i Baustelle regalano ai fans non un disco, ma un saggio sul 2008 con tutti i suoi resoconti: difetti e pregi non sono mai stati così evidenti. Da notare la presenza di un brano interamente strumentale ( Ethiopia ).

A livello musicale non sono proprio eccellenti, poiché le melodie si assomigliano un po’ tutte: toccano atmosfere malinconiche inebriando, senza sopraffare, l’intero lavoro che mantiene vive le sue tematiche. Infatti la band ama concentrarsi di più sul messaggio che sulla composizione, garantendo risultati eccellenti. Oltre a questo, sembra mancare anche innovativa da parte non della voce di Francesco, ma da quella di Rachele: sempre uniforme in ogni brano. Però, c’è da aggiungere, che molto di “Amen” sembra più adatto a essere raccontato da una voce femminile.

Arrivati all’ultima traccia ( “Andare Via” ), la quale è collegata con la prima ( E Così Sia ), i Baustelle sembrano averci lasciato qualcosa d’indecifrabile: un sincretismo di rabbia, ribellione, vita, religione, e poesia. Molti, al giorno d’oggi, tentano invano di rendere semplici tali argomenti, ma non comprendono che il significato va ben al di là dell’aspetto estetico. La band toscana sembra aver colto il senso ultimo dell’arte, per questo “Amen” si può configurare come la scommessa più promettente del panorama italiano.

Un prodotto per veri ascoltatori.