La Calisto, di Francesco Cavalli

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PRIMA PARTE: PRESENTAZIONE E DISCOGRAFIA

“La Calisto”, quindicesima opera di Francesco Cavalli (Crema 1602 – Venezia 1676) fu rappresentata per la prima volta al Teatro Sant’Apollinare di Venezia nell’autunno del 1651.
Nel 1651 l’opera era ancora “bambina”, è passato mezzo secolo solamente dalla prima esecuzione delle opere di Peri e Caccini, cui usualmente si fa risalire la nascita di questo genere musicale, e meno di quindici anni dalla nascita del primo teatro “moderno”.
Nel 1637 fu, infatti, inaugurato a Venezia il primo teatro d’opera pubblico con ingresso a pagamento. Mentre in passato le composizioni musicali, in particolare le opere, venivano realizzate su ordinazione di nobili e mecenati ed eseguite per i loro invitati, dalla quarta decade del Seicento l’opera e poi tutta la musica usciva dai palazzi principeschi per affidarsi alle cure degli impresari ed alle attenzioni di un pubblico ben più vasto.
I compositori erano alle prese con un nuovo importante imperativo: catturare l’attenzione del pubblico pagante.
Fu una svolta epocale e riuscì, eccome se riuscì !
“La popolarità della nuova forma d’intrattenimento raggiunse a Venezia livelli sorprendenti. Tra il 1637 e la fine del secolo, in diciassette teatri della sola Venezia furono messe in scena 388 opere. …” (D.J.Grout – Breve Storia dell’Opera – Rusconi 1995).
Cavalli fu il maggior compositore d’opera del seicento dopo Monteverdi (di cui fu allievo), con all’attivo circa quaranta opere eseguite per la maggior parte a Venezia ma arrivate fino a Parigi, dove il compositore soggiornò dal 1660 al 1662 proprio allo scopo di allestirvi alcuni suoi spettacoli.
“La Calisto” è un’opera di soggetto mitologico, che si dipana per un prologo e tre atti, raccontandoci, tra le righe, qualcosa della licenziosità dell’ambiente veneziano del Seicento, lasciandoci senz’altro sorpresi per la libertà con cui vengono trattate certe situazioni di carattere esplicitamente erotico.
Si tratta di un’opera ben riuscita, perfettamente equilibrata, ricca di situazioni divertenti, dove i recitativi, le cavate, i lamenti, le arie e le sinfonie si succedono senza soluzione di continuità, con un ritmo privo di forzature che si avvale anche di un libretto all’altezza della situazione.
Soprattutto, si tratta di un’opera non ancora inchiavardata nelle rigide strutture che saranno codificate nei decenni a venire; quando il pubblico chiederà ai compositori una sempre maggiore prevalenza d’arie solistiche adatte ad evidenziare le virtù canore dei divi del momento; sbilanciando così, per molti anni, l’equilibrio assai delicato su cui si fonda questa forma d’arte.
La raccomandazione, per chi deciderà di cimentarsi con questa composizione, è di essere paziente, serve più d’un ascolto, bisogna entrare in sintonia e capire … con calma.

LA DISCOGRAFIA
Sono state prodotte tre edizioni de “la Calisto”: la prima diretta da Raymond Leppard (Decca, 1971, 2cd); la seconda diretta da Bruno Moretti e registrata dal vivo al Teatro Olimpico di Vicenza (Stradivarius, 1988, 2cd), la terza diretta da René Jacobs (Harmonia Mundi, 1995, 3cd).
Della prima Carlo Majer su Musica (luglio-agosto 2003) cita la validità delle prestazioni di Janet Baker come Diana e Giove/Diana e di Ileana Cotrubas come Calisto; da aggiungere che si tratta di un’edizione che oggi fa stortare un po’ il naso agli appassionati delle interpretazioni filologiche.
Della seconda edizione è importante notare che i cantanti sono in prevalenza italiani e conoscono quindi alla perfezione i significati, anche nascosti, di ogni verso; questo genera un plusvalore irrinunciabile nell’interpretazione di un’opera tanto lontana nel tempo. Tra l’altro Alessandra Mantovani è Diana sia in questa edizione che in quella di Jacobs. Contemporaneamente occorre osservare che la scelta di utilizzare voci femminili anche per le parti di controtenore genera una certa monotonia di timbri e una certa difficoltà nel riconoscimento delle diverse parti. (Questa edizione non risulta attualmente disponibile consultando il sito dell’editore Stradivarius).
La terza edizione viene da una produzione teatrale del 1993 e vanta un direttore considerato uno specialista della musica antica, che ha diretto di Cavalli anche Giasone e Xerse. La presenza di cantanti non italiani limita certamente l’espressività di molte situazioni lasciando, soprattutto nei recitativi, quella sensazione di perfetta raggelante esecuzione cui da tanti anni la tradizione filologica nordeuropea ci ha abituati. Trovo inoltre discutibile l’idea di affidare all’ottimo Marcello Lippi (baritono) sia la parte di Giove che quella di Giove in Diana. Lippi è bravo, ma quando si cimenta nelle parti in falsetto acquisisce un che di caricaturale che in scena poteva forse permettere di dar vita a spiritose gags, ma in disco è solo fastidioso. Notevoli la Diana di Alessandra Mantovani, il Mercurio di Simon Keenlyside e la Calisto di Maria Bayo. La coppia Satirino (il controtenore Dominique Visse) e Linfea (il tenore Gilles Ragon) avrebbe potuto essere più spassosa. Jacobs dirige da par suo un’orchestra lussureggiante, piacevole ma forse più consona alle musiche di Lully che non a quelle di Cavalli.
Insomma un’edizione proprio perfetta non c’è, d’altra parte nel melodramma in disco, da Monteverdi a Ligeti, di edizioni etichettabili come “perfette” ce ne sono davvero poche. Non potendo attendere all’infinito un’esecuzione ideale, il melomane impara l’arte di arrangiarsi con la fantasia, facendosi un’immagine mentale propria dell’interpretazione “perfetta”.
NOTA: per i frequenti riferimenti ai personaggi ed alle loro caratteristiche, si veda la seconda parte della monografia, contenente la descrizione del libretto, dei personaggi e della trama.

SECONDA PARTE: IL LIBRETTO

Questa seconda parte nasce da un’esigenza sperimentata in prima persona da chi scrive. Sebbene non nella forma in cui è qui riportato, il testo che segue è nato per mio uso personale: l’ho scritto quando mi sono accorto che nessun riassunto dell’azione scenica riusciva a darmi il livello di comprensione di cui sentivo di avere bisogno.
L’azione è complessa e il testo, pur essendo in italiano, è difficile da capire. In mancanza di una guida dettagliata che mettesse in evidenza, scena per scena, i vari momenti dell’azione, mi perdevo facilmente. Dato che non amo aggirarmi smarrito per i boschi musicali, ho cercato di costruirmi una bussola. Ovviamente si tratta di un tentativo imperfetto e largamente integrabile, ma intanto è un inizio e io l’ho trovato utile, per questo lo propongo.
Il libretto è di Giovanni Faustini ed è in lingua italiana, ma in un italiano barocco, pieno di circonlocuzioni, di simbolismi e di gustosi doppi sensi dove si mescolano il mito di Calisto e quello di Selene (la Luna). Dal punto di vista qualitativo si tratta di un libretto di ottima fattura che, per la vivacità dei personaggi e delle situazioni, ricorda quelli che Lorenzo Da Ponte scrisse per Mozart.
In effetti, la coppia Cavalli – Faustini ricorda un po’ quella più celebre, ma dobbiamo stare ben attenti: Cavalli non è Mozart e Faustini non è Da Ponte.
Dal compositore dobbiamo aspettarci una partitura vicina ai gusti del suo secolo, con recitativi secchi e arie che incentrano, secondo lo stile madrigalistico, l’attenzione sul testo poetico più che sull’azione. Al primo impatto questo lascerà probabilmente, al nostro palato di moderni ascoltatori, un iniziale senso di “incompletezza” che dobbiamo superare.
Dal librettista dobbiamo aspettarci un libretto da poeta barocco che, pur nella sua brillantezza, risente della cifra stilistica della sua epoca e che quindi non disdegna versi come “l’ambrosia beverai, resa infinita,/ e del mio sempiterno eterna vita.” Che lo rendono abbastanza difficile da comprendere al primo colpo.

LA STORIA
Il filone principale della storia narra della ninfa Calisto che:
· Rifiuta le profferte amorose di Giove,
· Viene sedotta da Giove tramutatosi in Diana
· Dopo la seduzione, viene presa da passione erotica per Diana alla quale fa più volte avances esplicite,
· È mutata in orsa da Giunone giunta appositamente dall’Olimpo per vendicarsi delle amanti, consapevoli o inconsapevoli, del marito,
· Viene trasformata nella costellazione dell’Orsa Maggiore.
Ma tutto il libretto è percorso da altre storie che s’intrecciano, tra queste possiamo individuare:
· la passione corrisposta di Endimione per Diana,
· l’amore non corrisposto di Pan per Diana,
· i primi turbamenti erotici di Satirino,
· il desiderio di Linfea essere posseduta da un uomo.
Insomma questo è un libretto di passioni amorose, erotico, ricco di situazioni equivoche, di doppi sensi, d’amori “leciti” e “illeciti”.
Qualcosa di suo lo aggiunge anche il compositore che, nella non banale situazione di ambiguità sessuale individuata dal libretto, assegna alcuni ruoli a cantanti del sesso o dalla voce “sbagliati” aumentando così la confusione e il divertimento generali.

I PERSONAGGI
I personaggi principali sono:
CALISTO ninfa dei boschi, figlia del re Licaone, vive al seguito della dea Diana cui ha giurato di dedicare la propria vita e la castità. Calisto, o Callisto, è un nome proprio formato dall’aggettivo calliste, “la più bella”, epiteto attribuito spesso anche a Diana.
GIOVE signore degli dei dell’Olimpo, s’invaghisce spesso di fanciulle mortali e imbastisce con loro improbabili avventure.
GIUNONE sua gelosa e vendicativa consorte.
MERCURIO messaggero degli dei. Qui, più che altro scaltro mezzano di Giove.
DIANA la Artemide dei greci (detta anche Cinzia o Cintia), dea della caccia, vive nei boschi insieme alle sue ninfe. Di notte, tramutata nella Luna, s’incontra con il segretamente amato Endimione, che bacia con la sua luce.
ENDIMIONE mortale, innamorato di Diana.
LINFEA una vecchia ninfa, che non ha trovato la pace dei sensi … proprio no … Ninfa è sinonimo di gioventù: “vecchia ninfa” è un ossimoro.
PAN dio caprino dei boschi. Ama, non riamato, Diana.
SATIRINO un giovane satiro servitore di Pan.
SILVANO un uomo dei boschi, seguace di Pan.
(NINFE) divinità dei boschi, in questa storia sono le compagne della dea Diana che, armate di arco e frecce, la seguono nelle sue cacce. La Ninfa è la fanciulla in attesa di marito, le fanciulle dell’antica Grecia venivano dedicate alla dea Diana dall’età di nove anni fino al matrimonio.
(SATIRI) i satiri sono creature dei boschi, seguaci di Pan, hanno corpo caprino. Trovandosi in uno stato di permanente eccitazione sessuale attentano in permanenza alla virtù delle ninfe.

LA TRAMA
ANTEFATTO (non musicato)
Fetonte ruba il carro solare ad Apollo (suo genitore) e lo conduce troppo vicino alla Terra bruciando tutto e disseccando ogni sorgente, causando tali danni da costringere Giove ad abbatterlo con un fulmine. Questo antefatto non è musicato ma solo riportato nel frontespizio del libretto. Si tratta comunque dell’elemento generatore dell’intera storia.

PROLOGO
Antro dell’Eternità: la Natura, l’Eternità, il Destino.
Il Destino sale all’antro dell’Eternità per pregare Eternità e Natura di rendere eterna Calisto, e di permettere che in forma di nuova costellazione venga ad adornare il firmamento.
Temporalmente il Prologo si situa alla fine della storia narrata nel libretto, al momento della morte di Calisto.

ATTO 1
SCENE I-VI
Si torna al tempo narrato nell’antefatto. L’ambiente è una selva arida dove Giove e Mercurio sono scesi per valutare i danni causati da Fetonte.
I due trovano Calisto in lacrime per il disseccamento delle sorgenti. Colpito dalla bellezza della ninfa, Giove fa scaturire l’acqua dal suolo poi, approfittando della meraviglia suscitata, le si rivela e, con l’aiuto di Mercurio, s’affretta a dichiararle la sua passione.
La bella si offende: “… verginella io morir vo’ / stanza e nido / per Cupido / del mio petto mai farò / …”
Mercurio sa bene che non otterranno nulla “… Donna pregata / più si rende ostinata.” e consiglia a Giove di trasformarsi in Diana: in quel modo la fanciulla non si opporrà.
Il successo dell’impresa gli dà ragione. Giove si trasforma in Diana; incantata dalle premure di quella che crede essere la sua dea, Calisto la segue in un ricovero ombroso ove potranno scambiasi dei casti (?) baci: “a baciarsi le bocche portiam …”.
Mercurio, che la sa lunga, canta: “Va’ pur, va’ pur, va’ seco / ch’altro che suon de’casti baci e puri / publicherà per la foresta l’eco ..” ; e ne approfitta per dare anche qualche consiglio agli spettatori: “…ricorrete a la frode, / ch’ingannatore amante è quel che gode.”.
SCENE VII – IX
Il bel pastore Endimione, lamenta l’impossibilità del suo amore per Diana.
Entrano Diana e Linfea. Diana, che ama segretamente Endimione, indaga sull’origine delle sue pene, e farebbe qualcosa per consolarlo se non fosse per l’intervento della vecchia ninfa di Linfea, che scaccia il ragazzo. Diana confessa il proprio amore per Endimione e piange la dura disciplina che la condanna alla castità.
SCENE X – XI
Esce Endimione e arriva Calisto tutta eccitata e, tanto per non lasciare dubbi, canta: “Piacere maggiore avere non può, … , di quel che l’alma mia gustò …”.
La risposta di Diana è un capolavoro: “..Ardita ne la selva / in aspra e fiera belva / insanguinasti il dardo …” ogni riferimento alla perdita della verginità è puramente casuale … o no ?
Calisto ringrazia Diana per i bei momenti che le ha donato, questa chiaramente non capisce, e sentendo le arditezze che la bella ninfa le rivolge, si adira e la scaccia in malo modo.
Esce Diana, Calisto si dispera con Linfea per l’atteggiamento della dea. Linfea, che la crede impazzita, cerca di consolarla.
SCENE XII – XIII
Esce Calisto, Linfea rimane sola a rimpiangere di non aver mai provato l’amore a causa del voto di castità: “voglio, voglio il marito, / che m’abbracci a mio pro …/”
Satirino, che ha sentito il lamento di Linfea si candida come consolatore ma questa lo rifiuta per via del suo aspetto caprino. Satirino però ha un’altra idea del motivo per cui viene scacciato: “… / ancor crescente e picciola / porto la coda tenera.”
SCENA XIV
Sono in scena Pan, Silvano e Satirino. Scopriamo che anche Pan è innamorato di Diana ma che questa non corrisponde al suo amore. Pan sospetta che la dea si consoli con “gote più piacevoli, / più vaghe e morbide”. Satirino e Silvano si offrono di ricercare il rivale di Pan e di ucciderlo.

ATTO 2
SCENE I – III
Il secondo atto inizia sulla cima del monte Linceo, dove Endimione s’è portato per stare più vicino all’amata Luna/Diana. Il giovane s’addormenta e Diana, come Luna, gli si avvicina e lo colma di baci finché si sveglia. I due si scambiano promesse d’amore. Diana fugge.
Satirino ha assistito alla scena e decide di avvertire Pan, poi fa delle considerazioni sulla castità di Diana e trae le sue conclusioni: “chi crede a femina / ne l’acque semina .. “.
SCENE IV – VIII
Pianura dell’Erimanto, la gelosa Giunone a caccia di Giove, ma non si fa illusioni: “Stupri novelli a susurrare intesi …”. Incontra Calisto che in lacrime le racconta la sua storia fatta di baci e di antri dilettosi (anche qui ogni doppio senso non è casuale !).
Giunone capisce subito tutto: “Le forme de la figlia, uso a la frode, / prese il mio buon consorte / per appagar il perfido appetito”.
Arriva Giove, ancora mutato in Diana, con al seguito lo scaltro Mercurio. Giunone, non vista, manda Calisto da Giove ed assiste, piena di gelosia, alla scena d’amore che ne segue. Calisto se ne va; segue un dialogo pieno d’equivoci tra Giove ancora nelle forme di Diana (che nega) e Giunone (che ha capito tutto).
SCENE IX – XI
Endimione, Giove (come Diana) e Mercurio. Endimione nel vedere Giove-Diana, dopo la notte trascorsa con la dea, profferisce ardenti frasi d’amore, al punto che Mercurio dice a Giove che, se non smette in fretta di portare quel travestimento, finirà per trovar marito.
Qui le cose si complicano, arrivano Satirino e Silvano che conducono Pan da Endimione e lo trovano con Diana (sempre Giove). Pan reso furioso dalla gelosia si getta sul rivale e l’incatena minacciando di ucciderlo. Giove s’eclissa abbandonando i suoi amorosi ai loro problemi.
SCENA XII
Linfea alle prese con le sue ossessioni erotiche (“D’aver un consorte / io son risoluta / voglio esser goduta / “…). Viene vista da Satirino che chiama i suoi amici perché prendano e la immobilizzino. Segue un combattimento di ninfe e satiri che chiude l’atto.

ATTO 3
SCENE I – IV
Calisto, che non ha ancora capito niente, è in attesa dell’arrivo della sua “divina”. Arriva invece Giunone, scortata dalle Furie, che per vendetta trasforma la poverina in orsa, condannandola ad aggirarsi per la foresta e a farsi compagna d’orsi.
Giunone se ne va soddisfatta; la vendetta è compiuta. Entrano Mercurio e Giove, questi permette a Calisto di riacquistare provvisoriamente sembianze umane per rivelarle che, dopo aver trascorso in forma d’orsa gli ultimi anni della sua vita ella, mutata in costellazione, avrà destino immortale.
SCENE V – VII
Pan vuole uccidere Endimione. Arriva Diana che smentisce le calunnie di Pan dichiarando che del pastore lei ama castamente “l’indole acuta e la virtude di nobile pastor”.
Silvano, salace, commenta che lui e Pan stanno perdendo tempo a voler trarre il miele dai serpenti. Se ne vanno lasciando Diana ed Endimione a dichiararsi eterno e casto amore.
SCENA ULTIMA
Si torna al tempo del Prologo: nell’Empireo le Menti Celesti, Giove e Mercurio salutano Calisto che sale in cielo.

CONCLUSIONE
Poiché non vorrei trovare qualcuno che mi aspetta sotto casa munito di nodoso randello, ricordo ancora che si tratta di un ascolto non facile. Chi decide di cimentarsi deve farlo con la consapevolezza di avvicinarsi ad una composizione che non coincide pienamente con quanto usualmente si concepisce come opera lirica e che ha a che vedere soprattutto con lo stile dei compositori dell’ottocento. Prima di ascoltare bisogna liberarsi dei preconcetti ed essere disposti a faticare un po’. Chi non è disposto si astenga.

Maurizio Germani
Gennaio 2004