Mare Nostrum – Recensione

Mare nostrum - Cd cover

La ACT, label tedesca di grande qualità distribuita in Italia dalla nostra prestigiosa EGEA, fa uscire un (bel) disco che, buffamente, starebbe perfettamente a suo agio più nel catalogo EGEA stesso che altrove.

Questa considerazione ne porta con sé altre due: una di merito proprio alla ACT perché spaziare tra le differenti derivazioni del jazz moderno è una scelta che apre alla musica e quindi tendenzialmente – visto che parliamo bi musica valida – fa un gran bene; l’altra porta a considerare questo disco come non sempre originalissimo, proprio perché molto facilmente collocabile in un filone che proprio con EGEA ha conosciuto momenti magnifici (penso ai dischi con Wheeler, ad alcune cose di Pietro Tonolo o di Riccardo Zegna, a Gil Goldstein, …).

Cominciamo col dire che questo trio, fatto di tre individualità forti, suona splendidamente, e lo fa sia considerando ogni musicista singolarmente, sia godendosi l’insieme.

La tracklist è un insieme di composizioni che passano senza spezzature particolarmente avvertibili da brani originali dei tre protagonisti ad episodi di canzone francese o brasiliana, come pure all’impressionismo musicale francese di Ravel. E’ immediatamente avvertibile quella che poi effettivamente si rivelerà l’atmosfera generale del lavoro, uno spazio sonoro in cui i tre, molto sapientemente e mostrando con chiarezza quanta esperienza ciascuno porti con sé, sanno dosarsi negli spazi e nella velocità. Se questo era già decisamente prevedibile per Fresu e per Lundgren, con Galliano la questione è perennemente aperta, perché il suo straordinario virtuosismo tecnico lo ha portato a debordare in più di un’occasione, e quindi ad ogni nuova uscita si sta un po’ in attesa per capire se le prime 100 note arriveranno in un minuto o in 4 secondi…

Stavolta, magari anche in virtù della compagnia, si va tutti in tranquillità, e la bellezza delle note si avverte subito ed arriva luminosa, in un mood a cavallo tra, dicevamo, EGEA e certa produzione di stampo ECM sul versante più meditativo. Il flusso improvvisativo, pur preponderante rispetto a quello compositivo, mantiene però la fluidità che questo approccio essenzialmente melodico propone.

Attorno alla parte centrale del disco c’è forse qualche involuzione ed appesantimento di troppo, ma complessivamente l’ascolto è molto gradevole, probabilmente grazie anche al fatto che i nostri sembrano non fare davvero alcuna fatica nel suonare, nel tirar fuori note ed idee, e la mancanza di fatica arriva dritta all’ascoltatore.

Non siamo di fronte ad un lavoro innovativo, seppure questo risulterà a chi non frequenti i territori menzionati all’inizio della recensione. D’altro canto va detto però anche che nel genere sono già stati prodotti vari dischi che davvero non hanno aggiunto nulla di particolare alla musica; qui c’è un trio notevole che fa musica di grande qualità. Era solo importante sottolineare che non ci si devono aspettare rivoluzioni.