NONNON: il suono non inganna, si fa ideale

Ho parafrasato in qualche misura il titolo di questa nuovo disco dei Nonnon che giungono a quasi 15 anni di carriera… manca poco oramai. un lavoro dal titolo che ho voluto parafrasare per dare una testa accattivante a questo articolo: “L’inganno di un mondo ideale”. Certamente l’idealità è un filo conduttore che si dipana in tante derive concettuali in questi 11 inediti della band lombarda. Canzoni leggere di un pop d‘autore raffinato dai suoni che avrei preferito più decisi e rimarcati andando spesso in direzioni fossatiane – come direbbero i dotti della scena cantautorale classica. Dunque troviamo spesso quel 6/8 (o similari se non erro) scanditi da batteria assai educate e spesso interessanti, tra soluzioni di spazzole e bei suoni rotondi di cassa e rullante. Sembra quasi che questo disco acquisti maturità e personalità man mano che l’ascolto scende l’ungo la tracklist. Dapprincipio ci trovo dentro delle ballate un po’ troppo industriali, delle semplici melodie dove il tutto si svecchia grazie agli arrangiamenti digitali che non sono mai invadenti e protagonisti… è pur sempre un bel disco di artigianato d’autore, non dimentichiamolo.

L’interesse inizia a far capolino con “Coryphantha”, in questa circense aria in cui la voce è calda, ferma e priva di inflessioni dialettali. Di quelle classiche ballate popolari che ci avrei visto bene del dialetto modenese dentro… un po’ reduce da ascolti alla Modena City Ramblers. Non è questo il taglio ma la direzione sembra puntare dritto da quelle parti. Con la successiva “Riflessi” inizia a farsi strada un rock sinfonico dalle tinte scure, quasi epiche e invece l’andamento di “Questo bel viaggio” da un preludio di raffinatezza cantautorale che inizio a trovare da “Nea” in poi, dove la forma canzone viene liberata da cliché e i suoni si inventano soluzioni e dinamiche che caratterizzano davvero tutto. Certamente non è un disco in cui trovare novità e forse nel dettaglio avrei curato il carattere stesso dei singoli suoni che sento restare troppo “liquidi” ed elettrici… “Nina” ha quel bel gusto bersaniano che con la voce portate sembra davvero essere il momento alto dell’opera. E torna la scena rionale del popolo con “Fine condanna – F.R.d.T.” e di nuovo il meraviglioso andamento di “Novantanove” o il riff digitale dell’ostinato che sottolinea lo svolgimento di “Abdouka” che regala spazio a liriche “antiche” di ricordi patriarcali e conferisce spessore ai contenuti. E al finale lasciando la title track del disco che è un gran momento dove si mescola la grinta di un cantautorato tra rock e funky, una canzone d’autore che sa di fusion e che ci rimanda alle belle trame di Finardi.
Insomma un disco questo dei Nonnon che non ci dispiace, che forse manca della decisiva soluzione di bellezza ma che dimostra pulizia e bellezza acqua e sapone senza perdersi in inutili trovate di finte rivoluzioni.