Golden Heir Sun “Holy the Abyss”, recensione

“We all are one everything is one”

Quando nella scheda tecnica inviatami da Karma Conspiracy  Records (alla voce genere) ho letto la parola drone…dico la verità, ho bloccato la rigida scaletta delle recensioni e in pochi istanti mi sono ritrovato immerso nel minimalismo grigio e depressivo di un album perfetto in ogni sua parte. Una serie di aspetti che incastonati gli uni agli altri costruiscono e contribuiscono alla concezione dell’uno .

Una copertina silenziosa in gradazioni di grigio, in cui la cupa e nereggiante atmosfera sembra ricordare transizioni grafiche tipica del SDBM.

Un’unica traccia di circa 20 minuti, in grado di estendere la claustrofobica arena in cui la performance viene evocata.

Un mood disturbante ma al contempo avvolgente, definito da bordoni ricamati da un desertico andamento.

Da questi tre vertici e verso questi tre vertici sembra muoversi Matteo Baldi, anima fosca declinata su ideali monofonici e inquinata da venature derivative, che trovano in Le Monte Young una fonte iniziale di ispirazione.

 

https://www.youtube.com/watch?time_continue=306&v=i_LV1c-3JPA&feature=emb_logo

 

La traccia portante del project appare definita da un andamento gaussiano, in cui il reiterato status quo iniziale viene gradatamente deformato da innesti suppletivi di cluster, qui in grado di portare la suite verso un climax e un anticlimax definito sul finire da un ritorno alle pacatezza, specificata da una ricercata risoluzione narrativa.