Jonny Winter, live a Roma 7-03-2007

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Si ringrazia il sig. Massimo Pasquini per gli accrediti e le info.

Due generazioni del blues che s’incontrano: Johnny Winter chitarrista blues leggendario, uno dei punti di riferimento della slide-guitar ed Eric Sardinas, il massimo esponente della tecnica slide odierna e soprattutto virtuoso della chitarra reso fonica (senza contare il maestro indiscusso Bob Brozman).

Il concerto inizia verso le nove con Eric, che propone una serie di suoi classici come Get Down To Whiske o I Can’t Be Satisfated, blues graffianti e interpretati con quel particolare modo di suonare che lo ha portato a diventare uno dei massimi rappresentanti della nuova generazione di bluesman, diventato celebre anche per avere come equipaggiamento due chitarre reso foniche che però amplifica e a cui aggiunge una distorsione.

È quindi un blues aggressivo e sporco.

Nella scaletta vengono inserite anche due cover: Hellhound On My Traile di Robert Johnson e Roadhouse Blues, dei Doors, che dedica a Jeff Healey, famoso bluesman cieco che suonava la chitarra elettrica appoggiandola sulle gambe, scomparso il 2 marzo del 2008. Un trio favoloso che scalda il pubblico della sala Sinopoli.

Sardinas si propone anche in pezzi acustici nel vero senso della parola, suonando la sua Dobro senza amplificazione e cantando senza microfono. Un esempio su tutte la bellissima 8 Goin’ Sout. La sua esibizione dura circa un’ora e al termine, dopo un rapido cambio palco, fa il suo ingresso la nuova band.

Quattro musicisti che introducono un bel blues con il chitarrista che si rende protagonista (e lo sarà solo qui e nel brano di chiusura). Al termine del pezzo entra Johnny Winter, l’albino più famoso della musica blues, uno degli eroi di Woodstock e considerato da personaggi come J.Page ed E.Clapton come uno dei chitarristi più influenti della loro generazione.

E’ pelle ed ossa e sotto al suo cappello nero l’antica chioma non sembra aver perso il suo fascino. Le sue dita volano sulla sua chitarra e la velocità sulla tastiera provoca valanghe di note che nascondono qualche errore veniale.
Anche la voce perde ogni tanto la tonalità , ma pare mantenga una certa potenza e la timbrica di un tempo.

I sui famosi riff si susseguono mentre il suo blues pervade l’anima. Si arriva alla fine (circa un’ora), lui si alza a fatica e si allontana salutando, ma subito dopo rientra con la storica Gibson Firebird, un vero e proprio marchio di fabbrica per questo musicista. Se J.Page è il Les Paul, J.Hendrix è la Stratocaster e A.Young è la SG (la diavoletto), Winter è la Firebird. Si infila lo slide al mignolo e dopo l’ingresso di Sardinas parte una jam favolosa di circa dieci minuti.

Non rimane che un ultimo pezzo con cui Winter saluta il pubblico romano composto di gente di tutte le età, estasiato per la straordinaria serata all’insegna del buon vecchio blues.