Decò – La stanza dei colori, recensione.

Cd cover

Diciamo subito che – in generale – non ci piace, relativamente al genere musicale, affibbiare etichette ad un Artista o ad un Gruppo, in quanto pensiamo sia un po’ superficiale, quando non addirittura fuorviante. Tuttavia, ci sembra altresì evidente che, soprattutto quando si tenta di raccontare un album di una band esordiente, tale modalità possa risultare assai utile alla “causa della sintesi”.

Al riguardo, sin dalle prime note della traccia iniziale (“Fantastica”), si intuisce su quali pilastri abbiano voluto costruire la loro casa i Decò: il “Rock” delle chitarre (pressoché ubiquite) e la radiofonicità (leggasi: orecchiabilità) del “Pop”, a volte condito con spezie elettroniche, ma mai stucchevoli.

Detto questo, a quanto pare prima di pubblicare questo cd i due gemelli omozigoti (vedere il video del bel singolo, “Sospesi nel vento”, per credere), dal “venetissimo” cognome Visonà, devono aver fatto indigestione di musica italiana dell’ultima generazione, che ne ha fortemente orientato gusti e scelte.

http://www.youtube.com/decomusiconline#p/a/u/1/a06ZKw6sFBU

Infatti l’impostazione generale ed il timbro vocale del cantante risultano assai versatili e camaleontici tanto che, se ascoltiamo attentamente alcuni pezzi, possiamo senza difficoltà cogliere piacevoli assonanze con alcuni giovani più o meno affermati del panorama “canoro” italiano. In “Irraggiungibile”, ad esempio, ma soprattutto in “Verso un’altra direzione”, ci sembra proprio di essere atterrati sul pianeta “Subsonica”.

In “Sempre è per sempre” cogliamo invece somiglianze – niente affatto sgradite – con il primo Cesare Cremonini dei Luna Pop (che nell’occasione canterebbe una cover di De Gregori), mentre “L’alba sveglia il gallo”, sta giusto a metà strada fra l’intonazione dell’ultimo Jovanotti di “Mezzogiorno” e gli “harmony vocals” dello Zampaglione dei Tiromancino.

Quanto alle canzoni che nell’economia del disco consideriamo fra le più solide sottolineiamo le due ballate: la centrale “Il mondo da qui” e la romantica e nostalgica “Invisibili”, nelle quali troviamo è apprezabile il piano a far da sfondo alla bella voce del frontman.

Se, infine, dovessimo evidenziare un difetto ne “la Stanza dei colori” punteremmo probabilmente il dito sulla totale assenza di liriche “socialmente impegnate”, ma d’altra parte è anche vero che l’aver scelto di suonare un po’ di Rock non costringe di certo a ispirarsi a mostri sacri come il Boss o Bono & C..

Sintetico giudizio di chiusura: un ottimo esordio.