PAOLA MASSONI: la mitologia di Mèlia

Parliamo di un disco ampio, importante nella sua vasta ricerca culturale, lungimirante per quel suo occhio attento alle contaminazioni… ma anche molto difficile per quel vocabolario ampiamente ripreso da molti ma scarsamente efficace sulle attenzioni assai labili del popolo italiano. Siamo sempre attratti dal bello immediato, direi anche sfacciato. A voler codificare invece il nuovo lavoro della cantante lirica e scrittrice Paola Massoni, avremmo bisogno di TEMPO. Tempo da fermare per la comprensione e l’immersione in un canto lirico che incontra persino l’elettronica. Si intitola “Alkèmelia” questo importante progetto edito dalla RadiciMusic di Firenze. Lo troviamo anche in una bellissima edizione limitata in cui la cura estetica dell’oggetto disco – sempre profusa dalla label toscana ai suoi artisti – si fa preziosa di un lavoro artigianale che ormai abbiamo perduto anche l’abitudine di ricercare. E il lavoro custodisce 19 brani, dunque anche un ascolto lungo e impegnativo… altro dettaglio che rema contro le abitudini dei più. E nessuno si offenda, sia chiaro. Si accettino questa condizione, con umiltà e serietà. “Alkèmelia” è musica lirica che incontra il pop di canzoni i cui testi provengono da una trilogia teatrale che la Massoni ha elaborato per raccontarci la figura mitologica di Mèlia, tra invenzioni e legami alla tradizione.
Esiste anche un libro che custodisce questi testi in forma scritta. E continuando a parlare del disco: troveremo anche musiche, lunghi strumentali senza troppa ambizione sul versante di forma e di trasgressione. E troveremo anche testi antichi come quelli di Jacopone da Todi, per esempio… ed è curioso vedere quanto mondo classico, caro alla cantante lirica toscana, sia capace di dialogare con le più attuali strutture del pop contemporaneo. Certamente, come accade nel singolo di lancio, l’impronta lirica conferisce al tutto una spiritualità e una connessione con Dio e la Natura ampiamente celebrati, quasi in ogni dove lungo tutto l’ascolto. Dunque un disco difficile dicevamo… avrei osato di più, mi sarei atteso una maggiore ricerca di forma e di sovversiva estetica. Avrei dialogato ancora meno con le trame popolari del comun sentire. Visto che la testa ed il cuore dimostrano grandi capacità di accettare altro…

Tu che hai attraversato il confine culturale per approdare in quello popolare… come ti senti a confrontarti anche con una comunicazione cosiddetta indipendente?
So che il genere che propongo non è popolare, ma apre una finestra al grande pubblico, anzi si offre molto generosamente in un abbraccio affettuoso. So anche che il pubblico ha bisogno di essere portato ad ascoltare, ad entrare in un mondo musicale a cui è meno abituato, ma una volta entrato è bello starci e questo me lo hanno comunicato in molti.

Raramente, penso ormai, ci sia una critica che possa celebrare al meglio questo tipo di musica… in generale la critica manca quasi ovunque. Tu che ne pensi e come la vivi? Penso sia una violenza per un artista che ha messo tanto e ha alte aspettative per la sua musica…
Il silenzio spesso è assordante, la non attenzione ferisce, è vero, anche perché questo progetto è davvero pieno di significati ed è un lavoro frutto della mia scrittura, ma anche di un’equipe di esperti davvero considerevole, dagli arrangiatori, ai musicisti, agli ingegneri del suono.

Torniamo al concetto culturale: secondo te chi sarà capace di codificare al meglio quanto racconti dentro queste canzoni?
Coloro che sono alla ricerca, alla ricerca del bello, del particolare, dell’inusitato, alla ricerca di un sonorità che mescoli spiritualità e energia, interiorità e ritmo, grandi melodie e un canto curato, diverso, insomma coloro che non vogliono fermarsi a ciò che già conoscono, persone curiose e acute.

Nel disco anche ampi spazi strumentali: perché questa scelta?
Perché lo strumentale comunica sottovoce misteri profondi, che non possono essere completamente svelati. Inoltre l’alternanza cantato strumentale rende il cd vario e più piacevole all’ascolto.

Orchestrazioni ed elettronica. Chi ha diretto le scelte e come?
Ho diretto io le scelte, e me ne prendo la responsabilità, ma sempre facendomi consigliare dal mio gruppo di lavoro. Ho lavorato fianco a fianco per mesi con arrangiatori e fonici per trovare le soluzioni migliori in cui meglio si amalgamassero elettronica, orchestrazione e vocalità pop-lirica.

A chiudere vogliamo sottolineare di quanto sia bella questa edizione limitata del disco. Ce ne parli?
Sono molto contenta di questa edizione, sia di quella standard, ma soprattutto di questa limitata. Abbiamo curato tutto con molto “amore” sia per quanto riguarda la scelta delle foto, che dei testi e anche dei colori.
Riflette bene l’atmosfera di sogno e di fiaba che caratterizza l’album Alkemèlia e che è ben presente anche nel video del singolo “Io credo in te”. Tra l’altro, non volendo, ci sono riferimenti molto potenti anche alla fiaba di Pinocchio, infatti la quercia che appare in copertina è quella del burattino di legno, la quercia delle Streghe. Anche Mèlia è una ninfa che nasce da un albero, dal frassino e che ha un legame stretto con la natura di cui si fa paladina. La poesia che apre l’album “Madrigali” ben esprime lo spirito di unità e di panismo che pervade il mondo di Alkemèlia: “…Natura, il mio canto non è che un vago eco della tua Bellezaa, Ma lasciami giocare con l’incanto del suo silenzio!”