THE SOFTONE: il ricordo di una giovinezza

Giovanni Vicinanza torna in scena con un disco in bilico tra la sensibilità acustica tutta italiana e quel certo modo di pennellare l’intimità che ha la canzone d’autore americana. E forse non a caso suona così questo disco visto il suo mastering realizzato a Milwaukee. Giovanni Vicinanza, ovvero The Softone torna con “Golden Youth”, un disco di nostalgie, di visioni future figlie della ricchezza raccolta per strada. Un lavoro che vive con delicatezza nell’intento di celebrare la vita che finisce e quella che inizia, curandone le ferite dell’una e celebrando la gioia dell’altra. Delicato appunto, di suoni acustici con quel piglio digitale del nuovo pop d’autore di oggi, senza scossoni dinamici e senza presunzioni di sorta. Si rivela di acqua e sapone nonostante i computer. Si rivela preciso nonostante la grande umanità che scivola durante l’ascolto. Manca ancora un video ufficiale ma comunque dalla rete prendiamo questa clip domestica, intima, solitaria… un po’ come il retrogusto che arriva dall’ascolto di “Golden Youth”.

Quarto disco per Softone… tornando alle origini… è un tema forte, importante per te non è vero?
Golden Youth ha un forte legame con le ambientazioni e le ispirazioni del mio primo disco TDAB, quasi un ritorno a quello che ero e come ho iniziato la mia carriera da musicista. Da solo produco i miei dischi ed è bellissimo, ma volte risulta anche faticoso perché devi pensare a più cose ma comunque resta una condizione che mi piace tantissimo tant’è vero che c’è chi mi vede un po’ pazzo perché non riesce a captare bene il mio estro artistico e produttivo.

Perché questo bisogno di tornare alle origini? Ma soprattutto… non trovi che sia una tendenza un po’ di tantissimi? Come se si avesse bisogno di lavarsi via di dosso tante ridondanze…
É qualcosa che ho fatto per me stesso, è stato un bisogno. Qui sono ritornato alle mie sonorità folk-pop più intime. Come These days are blue, GY è un disco ispirato che è nato da una scelta di dar voce alle mie emozioni. Un disco intimo che nasce come uno sfogo istintivo. Sono i ricordi nostalgici che a volte fanno male.

Quanto la vita che ci circonda sta cancellando le origini e la personalità di ognuno di noi?
Direi tantissimo. Siamo diventati distratti, troppo frenetici e poco attenti per prendere in considerazione tutta la bellezza che ci circonda. E anche per ascoltare sé stessi.

Mi torna alla mente il film di Sorrentino “Youth”.… ma li il concetto di giovinezza era un qualcosa che si conservava in modo ostinato. Il tuo concetto di giovinezza qual è?
Il mio concetto di giovinezza, come dico nella title track, è come un paradiso nascosto dove risiedono, come tesori, tutti i ricordi spensierati della giovinezza. Un rifugio sicuro: chi vorrebbe non invecchiare mai? Oppure maturare saggiamente e rifugiarsi nei ricordi più belli della gioventù che passa e non torna più?

Parlaci del suono di questo nuovo disco. Cosa hai ricercato e alla fine cosa hai trovato?
Ho uno studio di registrazione dove produco tanta musica e dischi anche per conto terzi. Produrre i miei dischi è ancora più eccitante perché puoi osare e fare cose che magari nel disco precedente non hai fatto. Puoi ottenere delle soluzioni sonore strane, particolari che solo se hai competenze come tecnico del suono puoi fare. In questo disco ho inserito alcuni strumenti nuovi come vocoder, mellotron e alcuni moog synths. Durante l’esperienza americana sono stato ad alcuni concerti come quello di Bon Iver, Collections of Colonies of Bees e Mark Porterfiled dei Field Report e sono stato stupito da soluzioni vocali e strumentali per me nuove e affascinanti da offrirmi degli spunti di ricerca e soluzioni per terminare le mie canzoni. Adoro ascoltare i dischi ma il “pianeta concerti” è un’altra cosa. Quando anche gli occhi partecipano e traducono i suoni, lì c’è la magia del live.