Atollo 13 “Scimmie di mare”, recensione

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Dopo qualche mese torno a parlare degli Atollo 13, ma questa volta per un coraggioso ed elegante vinile nero dominato da una splendida cover art nata dalla folle matita Shawn Dickinson, perfetta con il suo stile vintage a delineare i contorni di un’opera rara. L’abile illustratore sembra, infatti, voler richiamare i cartoon degli albori per accompagnare surf music e r’n’r retrò, qui alimentato da giocose suite strumentali (Io non volevo), grazie alle quali ci si ritrova catapultati in un mondo surreale e piacevolmente fuori tempo, in cui il quintetto tarantino gioca con sonorità d’oltreoceano, a tratti modulate seguendo sentori tipicamente mediterranei. Vi basterà ascoltare l’emozionalità di Miki Tiki per comprendere l’arte dell’ensemble.

Il nuovo disco, aperto dal dna strumentale di Trappistone, ci offre un davanzale antico sul quale appoggiarci per giocare con gelatina, old school ed echi surf, intercalati tra l’ironia dissacrante di Linda e Linda e il surrealismo di Pistolero, narrato da intuizioni resofoniche, che tendono a modificare il proprio andamento attraverso rimandi sixties (Sciemmie di mare) e andature anni’70 (Trentadue) per le quali (vi assicuro) appare impossibile rimanere fermi. Da qui si riparte inseguendo ombre centroamericane riprese anche dall’incipit del lato B: El cumbanchero. Infatti, proprio per mezzo della tromba di Marina Latorraca, ci si ritrova a rincorrere festanti emozioni con il sombrero, per poi tornare tra le righe del complottismo modernista e la gaiezza surf di Povera ragazza piatta.

Il disco, promosso da Lobello Records, arriva poi a giocare con citazionismi filmici e viaggi accaldati nella west cost, dove l’impronta dell’organo apre striature diversificate ad un disco che trova in Crocodilo’s Party un anthem surf-rockabilly in grado di portarci a cavalcare onde danzanti, che a differenza della poco riuscita La cucina degli orrori, riesce a narrare la band, proprio come accade ne La terra dei matti viventi, piacevole struttura rock and roll, in cui bislacchi controcanti in falsetto si abbracciano ad un ritmo battente e reiterato, su cui vanno a ricamarsi intrecci chitarristici in grado di dare sorrisi ai lettori di un disco che… ora finisco di raccontare velocemente… perché ho voglia di riascoltarlo dall’inizio…ancora una volta.