Colonnelli “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, recensione

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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi da oggi, oltre ad essere la conclusione inusuale del mondo pavesiano, rappresenta il nuovo capitolo raccontato dai Colonnelli, power trio grossetano attivo dal 2012. Armati di stilismi rock, che conducono con naturalezza dal metal old school al nu metal dei One minute Silence, i tre affrontano la narrazione in madrelingua di undici tracce che (scusatemi…ma proprio) non riesco a definire thrash. Da purista del mondo metal mi sento di dover indicare la via a chi ha vissuto tra Sodom, Anthrax, Slayer e i primissimi Metallica, limando i contorni del genere proposto e ponendo l’accento non solo sulle tematiche affrontate, ma anche osservando i canoni e gli stilemi utilizzati…non così attigui alla riconducibilità musicale indicata dall’info sheet, nonostante alcune godibili citazioni al thrash e interessanti sviluppi hardcorepunk, che riescono ad avvicinare il mondo che fu degli IN.SI.DIA con quello granulare dei Gerson.
Il full lenght di debutto, infatti, sembra volersi proporre nella sua veste più genuina, in cui il genere musicale appare difficilmente inquadrabile, riscontrando influssi diversificati da mondi differenti, che stimolano a stabilire nuovi orizzonti e nuove sincrasi tra parole chiave come new, metal, rock, thrash, hc…(potremo chiamarli nu-ash, hc-ash oppure rash rock?).
Ad ogni modo, a prescindere dalle etichette che piacciono tanto a chi, come me, scrive di musica, come avrebbe detto Lemmy…qui si tratta di rock…e solo di rock!

Quindi…non ci resta che parlare delle corde di chitarra lievi che, con Il boccone amaro si gettano immediatamente verso un vortice battente e disturbato. Una sensazione nu metal che cresce grazie ad un riff pseudo thrash, piuttosto riuscito… nonostante i cambi direttivi e le impostazioni post HC. Proprio su questi tracciati sonori velate impronte Slayer offrono un ponte esecutivo alla vocalità forse troppo gentile.

Iniziano così I colonnelli per poi virare verso l’ottimo, rappresentato da Masticacuore tirata e viscerale traccia gersoniana. Il brano, caratterizzato da armonie dirette e riffing old style si definisce attorno ad una linea di drum set grezza e riuscita quanto gli impulsivi cambi agogici.

Il disco scivola veloce attraverso una sorta di combustione interna, atta a ridefinire i parametri di un tenace terremoto sonoro, in cui spiccano la travolgente e filtrata Circo massacro, deflorata (ahimè) da un songwriting poco riuscito, e la perfetta Ero vestito di nero, in cui (finalmente) la linea vocale di Leo Colonnelli si spoglia di inutili orpelli per avvolgersi a riffing accogliente.
Se poi i suoni si dilatano in maniera alternativa con la piacevolezza di Apprendista suicida, folle compendio esplicativo, è con l’inquietudine espressiva di Proiettile che la band giunge al proprio apice, riuscendo a cucire impostazioni vocali graffiate e deliziosi ricami sonori che non fanno altro che amplificare la voglia di headbanging.

A chiedere l’opera targata (R)esisto, sono infine le note arpeggiate di Scenderemo nel gorgo e la conclusiva Marcia dei colonnelli, inclusione terminale di un disco piacevole e per certi originale.
L’opera è, infine, complementata dall’arte pittorica di Fabio Angelini, in cui la cupezza espressiva tende a voler unire un accennato oggettivismo con impronte velatamente new school, in cui linee istintive calcano in maniera involontaria alcuni sviluppi lirici, che avrebbero meritato un booklet più corposo.