Concerto Rudolf Buchbinder – Auditorium Parco della Musica.

Ritratto Beethoven

Beethoven Sonata op. 13 n. 8 “Patetica”
Schubert Quattro Improvvisi op. 90 D 899

Beethoven Sonata op. 14 n. 10
Beethoven Sonata op. 57 n. 23 “Appassionata”

Il genio di Bonn era anche un grande virtuoso del pianoforte e usava “sperimentare”, proprio nelle composizioni pianistiche, molte delle novità che sono passate alla storia nei suoi lavori orchestrali. Una su tante: l’inversione del tempo lento e dello scherzo che inserisce nella Nona Sinfonia si ritrova anche nella monumentale sonata op. 106 “Hammerklavier”.

In quest’ottica Beethoven ha contribuito a trasformare la sonata per pianoforte da composizione “da salotto” a genere musicale di livello pari a quello orchestrale.

Questo cambiamento si riflette e si percepisce in pieno nell’interpretazione del noto pianista viennese Rudolf Buchbinder. Egli infatti è un membro di quel ristrettissimo club di pianisti che hanno dedicato buona parte della vita artistica allo studio (e all’incisione su disco) dell’intero corpus delle 32 sonate per pianoforte di Beethoven.

Il Maestro viennese, nell’eseguire questi capolavori, ha confermato che oltre 30 anni di esperienza e di studio delle sonate di questo gigante della musica si sentono tutti. Ha lavorato molto sui contrasti ritmici, di velocità, di carattere e di dinamica, pur non essendo il suo tocco sui pianissimo così delicato.

L’introduzione lenta del primo movimento della Patetica è stata eseguita con tempi molto lenti, tanto da far pensare che tutto l’approccio fosse di questo tipo. Sbagliato. Appena entrato l’allegro molto, Buchbinder ha accelerato a velocità ben più sostenuta, pur senza mai eccedere e generare confusione di suoni. Il risultato è stato di sottolineare il contrasto fra una sezione e l’altra rendendo magnificamente la drammaticità del brano. Contrasto reso ancora più marcato dalla dolcezza con cui ha reso il secondo movimento in opposizione al grande virtuosismo dimostrato nel finale della sonata.

Questo modus interpretativo ha accompagnato ogni singolo brano della serata, con l’aggiunta di una mirabile resa del carattere di ciò che veniva eseguito. I pezzi più lirici e quelli più leggeri erano in qualche modo più “luminosi”. Proprio grazie a questa visione interpretativa ho capito che anche la scelta delle sonate da eseguire era parte di questa resa drammatica.

La sequenza dei brani sembrava – a mio modestissimo parere – ispirata idealmente ai quattro movimenti di una sinfonia. Il primo e l’ultimo (Patetica e Appassionata) fortemente drammatici e contrastati. Il secondo dal carattere più lirico e meditativo (infatti era Schubert), il terzo più leggero e frizzante come un minuetto o uno scherzo.

Il pubblico ha molto apprezzato il concerto con applausi calorosi, tanto che il pianista ha concesso due bis: il terzo movimento della Sonata op. 31 n. 2 (la Tempesta), in cui ha di nuovo dato sfogo alle sue doti di virtuoso della tastiera e un riarrangiamento della Schnell Polka di Johann Strauss.

Alla fine della serata un signore del pubblico, durante lo scroscio di applausi, ha dato voce ad un pensiero che credo fosse praticamente unanime: grazie.