Fatso Jetson “Live at Maximum Festival”, recensione

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Due lati e otto tracce fuse tra di loro, come a voler definire l’intensità continuativa che solo un live riesce a dare all’ascoltatore. Un viaggio sonoro tra rock libero dai confini e marcato stoner desertico e ruvido. Questo è Live at Maximum Festival, nuova uscita Go down Records.

Un avvolgente tripudio sonoro al servizio della storica band California, abile a cavalcare le onde di quel rock intriso di psichedelia, acid, heavy e blues. Un definito e grezzo impulso sonico che ritrova reminiscenze kyussiane poste al centro di una libera circolazione di idee e note, per certi versi Hendrixiane, che portano l’incipit disturbante verso strabordanti riff ed un accorto utilizzo cripto isterico del drum set.

Otto tracce che, in maniera citazionistica, ci trascinano nel mondo seventies, tra divertissement e corposi riff vestiti di post grunge ed imprò, verso un climax sonoro ben palesato anche grazie alla poliedricità canora di Lolli.
Un crocevia sorprendente, che non dimentica sviluppi hardcore ( Flesh trap blues) e dinoccolato punk surf( Salt Chunk Mary), pronto a battere sulle pelli la rabbia espressiva che porta in dote (Too many skulls ) un vero e proprio abbraccio desertico, le cui esplosioni vitali aprono la via ad enclave osservativa e descrittiva, non troppo lontana dal mondo lisergico dei Doors .

Un disco onirico, visionario e travolgente.