Franck – Sonata per violino e pianoforte

Franck César - cd cover

IL PALPITO DELL’UNIVERSO
appunti per una discoteca classica di base – SECONDO OTTOCENTO

Composta nell’estate del 1886, quando Cesar Franck aveva 64 anni e si trovava nel periodo più felice della propria attività creativa, questa sonata costituisce uno dei maggiori esiti della musica da camera francese dell’Ottocento; la sua tormentata dolcezza ha scatenato la fantasia dei biografi, degli ascoltatori, e degli scrittori.

Una tradizione consolidata ma mai confermata, vuole che vi sia narrata una storia d’amore; una storia avvenuta fra lo stesso Franck e una sua allieva. Di certo c’è che l’ascolto di questa composizione ci fa fare un tuffo nella Francia di fine ottocento, e un tuffo nel mondo di Proust se è vero, come molti credono, che in queste musiche è presente la matrice della “petite phrase” della sonata di Vinteuil (un musicista inventato da Proust) che accompagna l’amore di Swann ed Odette nel primo volume del suo “Alla ricerca del tempo perduto”: …une phrase s’elevant pendant quelques instants au-dessus des ondes sonores…. Se c’era una storia Proust l’aveva “sentita” e l’aveva elaborata da par suo.

Dove si trovi la misteriosa “petite phrase” non è dato di saperlo, potrebbe essere dovunque, nell’ “Allegro ben moderato” iniziale, in tempo 9/8, dove il violino ripete ciclicamente una cellula ritmica di grande fascino che va, da ultimo ad urtare contro il tema del pianoforte fondendosi con esso in un duetto amoroso. Ma potrebbe anche trovarsi nel terzo movimento, il tempo lento dall’intenso afflato lirico e nell’emozionante pianissimo che lo conclude. O, infine, potrebbe trovarsi in quel dolce ed indimenticabile tema dell’Allegro un poco mosso che conclude la sonata stampandosi nella mente degli ascoltatori che continuano a canticchiarla e a risentirla nella mente anche dopo ore.

È indubbio che l’ascolto di questa sonata sia per i più una vera fonte di sentimenti positivi, la sua bellezza ha scatenato il desiderio di poter proporre le volute sonore del violino anche nei non violinisti, ne esistono pertanto trascrizioni sia per violoncello sia per flauto.

Il reperimento della sonata è abbastanza facile, ne esistono diverse edizioni discografiche fra le quali si possono ricordare fra le più recenti: l’edizione Ivanov (vl) – Blumenthal (pf) per Ambroisie; l’edizione Korcia (vl) – Luisada (pf) per RCA; la recentissima incisione di Dora Schwarzberg con Martha Argerich per Avanticlassics. Fra quelle del recente passato ricordiamo l’ottimo esito di Chang (vl) e Vogt (pf) EMI, o quello altrettanto valido di Kyung-Wha Chung (vl) con Radu Lupu (pf) per la Decca, poi ancora Y.Menuhin (vl) – H. Menuhin (pf) EMI. Da ultimo credo sia veramente necessario ricordare quell’edizione citata anche da Giorgio Pestelli nel suo “Gli Immortali” che vede Jascha Heifetz al violino e Arthur Rubinstein al pianoforte (The Rubinstein collection vol. 7 – BMG 1999) Una registrazione di settant’anni fa (3 aprile 1937) che ad oggi, forse, non conosce uguale per l’intensità espressiva. Certo non è il caso di parlare di ricostruzione spaziale, microdinamica e quant’altro ma quello che i tecnici della BMG ci restituiscono è straordinario se si pensa alla vetustà della registrazione: il fruscio è contenutissimo, il pianoforte è restituito in modo molto “naturale”, forse più del violino che appare un pochino ‘compresso’. Comunque la musica che vi si ascolta fa dimenticare i problemi tecnici.

Maurizio Germani