Giacomo Voli Ancora nell’ombra, recensione

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Partiamo dal fatto che il genere proposto da Giacomo Voli…non è il mio genere di riferimento, pertanto le parole che leggerete avranno un peso specifico ben diverso da quello che la mia soggettività talvolta mi induce a fare.

A molti di voi interesserà relativamente sapere che Giacomo arriva da Correggio, o del fatto che la sua attitudine vocale è cresciuta tra garage e cover band. Mentre dovrebbe interessare maggiormente il suo amore per la musica rock. Infatti capire l’arte di Voli non può prescindere da quell’hard rock e da quel cripto heavy metal dei primordi, terre fertili da cui sembra giungere l’autore emiliano, arrivato lo scorso anno alle “facili” ribalte televisive di The Voice.

L’Ep, fortemente voluto dal proprio autore e dai fan pronti ad inseguire un sogno con un crowdfunding, sembra voler ricalcare il sentiero del più classico rock italiano, attraverso emozioni forti che stanno per uscire dall’ombra.

Tutto ha inizio con un avvolgente riff hard rock, abbracciato all’arma principe del cantuatore: i virtuosismi vocali. L’ introduzione attesa e sistemica estende i riverberi de Il Vento canterà, in cui l’armonia e l’easy listening si propongono come elemento fondamentale. L’impostazione pseudo- pop, alimentata da riff riusciti e rock in stile nineties, a tratti ricorda le inflessioni Timoria. La traccia, creata attorno a sentieri autobiografici, si lega ad acuti intensi e groove semplici, ma senza dubbio funzionali ad uno sguardo radiofonico, che rimane vivo nel modus classicheggiante di La fenice, metaforico viaggio nel pentimento alla ricerca di un amore perduto. Interessanti enclave sintetiche avvolgono intuizioni pop-goth animate da vitalità espressiva, definita su cambi direzionali convincenti quanto l’uso preciso di una sezione ritmica, cuore reale della partitura.

L’extended played prosegue poi con Un Capitale, semplice rock interposto tra micro solos e un atmosfera che restituisce una tra le migliore tracce di questo esordio, al pari di Ridi nel tuo caffè, attesa ballata osservativa, che definisce l’interesse e l’amore per sonorità retrò, in grado di avvicinare il “facchinettiano” cantautorato pop e sviluppi rock tipici dell’Italia di Liberi Liberi. L’impronta corale della lirica ci introduce poi nel mondo di The Voice of Italy con due cover in cui Giacomo si mette alla prova richiamando alla mente le Impressioni di settembre, dall’arrangiamento perfettibile, e l’ottima Can’t find way home, in cui viene rinvigorita con coraggio e perfezione tecnica l’arte di Stevie Winwood ed Eric Clapton, qui avvicinata a modalità cornelliane.

Un esordio promettente, che percorre una via dagli orizzonti indefiniti, impreziositi da sensazioni Black Stone Cherry, ombre Audioslave e animosità vintage.