L’abitudine di Tornare – Carmen Consoli – recensione cd

cd cover

Ricordo perfettamente quando nel 1996, sulla scena della musica italiana, si affacciò per la prima volta una giovane cantautrice catanese dalla melodia facile e col carattere solo apparentemente fragile. In realtà era piena di grinta e tutt’altro che disponibile a rinunciare al proprio approccio rock, certamente non facile nel nostro paese, specialmente se suonato dalle donne. Carmen Consoli presentò “Amore di plastica”, il primo singolo, a San Remo evidenziandosi come promettente novità. Per me rappresentò l’inizio di un “amore” che sarebbe durato anni. Successivamente all’album d’esordio, intitolato “Due parole”, ne seguirono altri sempre più intriganti come il fortunato “Confusa e felice” ed il seguente “Mediamente isterica”, che è forse il suo disco della maturità, fino ad arrivare ad un totale di ben sette LP (l’ultimo è Elettra, del 2009). Dopo una lunga pausa di riflessione (con in mezzo anche un bambino), oggi alla “Cantantessa” è venuta voglia di raccontare di nuovo le sue storie di provincia, di descrivere i suoi personaggi pieni di piccoli grandi problemi, spesso angustiati fin dentro l’anima e, sinceramente, posso dire che mi erano mancati un bel po’.

“L’abitudine di tornare” si apre proprio con la radiofonica title track che sembra in qualche modo descrivere l’altro lato della medaglia di “Signor Tentenna” (brano che stava in “Eva contro Eva” del 2006), nel quale si parlava degli effetti devastanti – sulla propria famiglia – dei continui tradimenti di un marito nei confronti della moglie. Qui, al contrario, la voce è affidata all’amante in attesa che il suo uomo si decida, finalmente, a prendere una posizione definitiva (leggasi “lasciarla”) nei confronti della consorte (“Confesserai mai a tua moglie che il sabato dormi con me da circa 10 anni tra alti e bassi”), prendendo atto che c’è di mezzo anche un figlio di tre anni, che aspetta delle risposte, senza aver voglia di fare domande. E anche sta volta Carmen ci dimostra di non aver perso la sensibilità nel saper trattare, con delicatezza e senza mezzi termini, temi così intimi.

Pessimismo e speranza si alternano, lungo la spina dorsale dell’album, mentre il tema dell’amore di coppia resta comunque quello centrale. Così in “Oceani deserti”, ballata semi acustica, una donna non riesce più a capire chi sia o cosa voglia veramente il proprio partner, presa nella nostalgia del passato e la presa d’atto della sua passione ormai sfumata. Sarà inevitabile, nel finale, dirgli addio. Gli fa da contraltare, in positivo, una romantica e ariosa “San Velentino” (con un inedito suono elettronico sullo sfondo curato da Elena Guerriero) nella quale prevale il desiderio di rivivere di nuovo i momenti più belli (“dai abbracciami più forte che l’universo accenderà per noi coreografie celesti….puoi crederci”). Forse la più bella in assoluto.
Non poteva mancare (“E forse un giorno”) uno sguardo all’attualità e agli effetti devastanti della crisi su una famiglia media italiana. La mamma non sa più come sbarcare il lunario e cita drammaticamente tutto ciò che c’è da pagare (“pane, libri, mutuo, luce e gas….”), sentendo un forte senso di vergogna per il fatto di vivere in macchina da un mese. Nel finale l’inevitabile domanda cruciale: “per quanto tempo dovrò chiedere ai miei figli di stringere i denti?”.

Anche tutti gli episodi non citati (la finale “Questa piccola magia”
, ad esempio è un gioiellino) sarebbero degni di nota, ma non voglio svelarvi troppo per non togliervi il gusto di scoprirli da soli. Per farla breve, infatti, Carmen Consoli è tornata con tutto il suo arsenale sentimentale invitandoci a fare un percorso guidati dalla sua fantasia e le sue esperienze, vissute personalmente o da chi gli gira intorno. Se fossi in voi la seguirei subito, acquistando il suo disco (curato anche nel packaging….il che non guasta affatto) non appena possibile.