My tin apple – The Crow’s Lullaby, recensione.

Cd cover.

Cambiare è atto di coraggio e desiderio di evoluzione, volontà di non rimanere ancorati a vecchi stilemi e schemi che alla lunga potrebbero inaridire la vena artistica creando delle sbarre involontarie.

Lo hanno capito bene gli Overfaith, una volta combo thrash-death, oggi My tin apple, gruppo “prog”. Le virgolette sono d’obbligo visto che l’etichetta risulta comunque stretta per i nostri. I Mta sono giunti nel 2013 alla loro prima fatica discografica, The Crow’s Lullaby, per la Fuel records. The Crow’s Lullaby non è un disco di immediata assimilazione.

I suoni sono decisamente metal. Chitarre compresse a formare muri sonori di tutto rispetto. Accanto a ciò si pongono elementi elettronici, intesi anche come techno, e aperture acustiche a richiamare in certi frangenti gli Opeth di Real life.

I brani non sono particolarmente lunghi ne tecnicamente complessi, ma i repentini cambi di atmosfera ne dilatano la durata. L’apertura del disco è affidata ad un pezzo che si discosta completamente dal resto ma che introduce nel mondo My tin apple. Una canzone con cantato a cappella di una voce femminile. Il sistema tonale utilizzato non è standard. Molti passaggi ricordano cantati arabi o medio orientali richiamando alla mente i Myrath.

Molto apprezzabile il lavoro di Francesco Vannini dietro le pelli, mai ripetitivo e che spesso fa la vera differenza. Citazione a parte merita la voce di Gianluca Gabriele. Il richiamo immediato e per la metrica spesso utilizzata e per il tono che il cantante ha, è Ke, artista pop degli anni ’90. In diversi punti il modus lirico è identico, dal tono al vocalizio. Aspetto questo che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non fa altro che aggiungere altri elementi originali al songwriting della band unendo melodie suadenti a tappeti sonori ora aggressivi ora più sognanti.

I brani ben si addicono alla voce di Gabriele, dato non propriamente scontato, il quale riesce ad accompagnare l’ascoltatore nei diversi mondi narrati nei testi. Questi passano da argomentazioni oniriche, I have seen a lie, alla critica sociale, The Flight of chamaleon, a motivi più introspettivi, Dalì, passando da narrazioni più truci, Missing. Voce, suoni e tecnica chitarristica, possono essere definiti croce e delizia dell’intero album. Se da una parte assegnano riconoscibilità al gruppo, tratti di originalità e buoni spunti, dall’altra, sulla distanza, rischiano di risultare ripetitivi e limitanti. Tra i brani meglio riusciti Pixel e Dalì, senza per questo sminuire il resto del disco.

TRACKLIST:
The Crow’s Lullaby
Here
Snow White
I Have Seen A Lie
The Flight of Chamaleon
Drama
Different Places
Pixel
Dalì
Alice
Sequoia
Missing
A Place To Go