Large Professor – Main Source

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LARGE PROFESSOR
Main Source

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Quando l’Hip-Hop ha vissuto il suo “boom” internazionale, era normale pensare che questa musica non vivesse in funzione dei suoi interpreti ma che piuttosto traesse l’energia dal proprio essere una cosa fresca, originale, prorompente. Nonostante l’ascesa di artisti capaci di acquisire quasi all’istante lo stato di icona, nessuno poteva immaginarsi rappers oltre i 35 anni di età. Probabilmente nemmeno i rappers stessi. Ma si sa, il tempo è galantuomo ed è anche spietato, quindi in un campo minato come quello della musica solo lo scorrere degli anni e degli eventi può confermare o smentire certe supposizioni da immaginario collettivo. E quindi la selezione naturale dei veterani è avvenuta anche nell’Hip-Hop, che ormai ha circa trent’anni sulle sue spalle e i protagonisti della golden age (l’era dall’87 al 92) sono invece più vicini ai quaranta. E mentre l’Hip-Hop è ormai visto dal grande pubblico come fenomeno universal-popolare, in parte snaturato dalle sue origini, quei quasi quarantenni oggi col loro stile fedele nel tempo, invece che antichi sembrano più giovani che mai. Certo, la selezione naturale di cui sopra ha fatto sì che non tutti i “miti” di fine anni 80 avessero ancora forza, voglia e creatività a sufficenza per fare dischi nel 2009. Ma certamente di questa categoria non fa parte Large Professor.

Da “Breaking Atoms” unico e classico album con i Main Source ad oggi, Large Professor si è in realtà affermato soprattutto come produttore, “regalando” perle sonore che hanno fatto la storia di artisti come Nas, Tribe Called Quest, Akinyele, AZ e molti altri. Nel mezzo un album solista (“The LP”) che è disponibile praticamente solo come bootleg per problemi discografici, il primo disco ufficiale “First Class” e tanti singoli-culto nel circuito underground. Large Professor è infatti uno dei personagi più rispettati di New York (e di conseguenza del mondo) per la sua serietà artistica e le sue basi che sono autentiche “bombe” rappresentanti dell’essenza di questa musica.

Per questo e non solo il suo ritorno su lunga durata è celebrato dagli appassionati veri come uno dei pochi eventi a cui non si può non prestare attenzione in questo periodo di magra, almeno a livello di uscite discografiche nel genere. E anche se forse essere quasi coetanei del protagonista aiuta ad apprezzarlo, risulta estremamente difficile non immergersi nel sound di “Main Source”.
Titolo tra l’altro che tende probabilmente a ricordare la storia ventennale di Large Professor, riportando l’attenzione sul nome del gruppo con cui si è affacciato sulla scena e di cui era senza dubbio il “deus ex machina”. E, due decenni dopo, lo spirito sembra sempre lo stesso.

17 pezzi senza sosta e senza perdite di tempo, risulteranno pochi i momenti in cui ci si potrà distrarre. Lo squillo di trombe che introduce “The Entrance” non è solo l’incipit di un’introduzione ma l’inizio di un pezzo che mette in chiaro l’atmosfera che seguirà: un rap veloce di Large Professor su una rumorosa batteria e dei sample molto “musicali”, con strumenti che sembrano quasi suonati dal vivo. Questa è una caratteristica dello stile dell’artista del Queens da sempre e sarà presente anche in questo album. “Hot:Sizzlin’ Scorchin’ Torchin’ Blazin'” è uno di quei pezzi che sembrano suonati in diretta dal un club notturno dove fino a pochi minuti prima si era esibito Charles Mingus col suo gruppo. Ma attenzione, qui non ci sono campionamenti jazz (o meglio, magari ci sono, ma sono amalgamati e ben nascosti) c’è però una sensazione di improvvisazione e di passione data dall’ottima fusione del rap diritto con una base classica e pungente. Il set continua con un piccolo tuffo nella vecchia scuola con “Maica Livin'”, nella quale alla batteria insistente si sovrappongono effetti e riff misteriosi che sono la perfetta combinazione per i versi, in questo caso opera anche di due diamanti della nuova generazione di rappers, cioè gli ottimi Killa Sha e Guardian Leep. Anche nel pezzo successivo ci sono due ospiti ma questa volta Large Pro si rivolge ad amici del passato, cioè Mikey D (che lo aveva sostituito nel secondo disco dei Main Source, quando lui aveva già intrapreso la carriera da solista) e Lotto. I tre animano “Pump Ya Fist Like This”, guidata da campionamenti di fiati e da un break per aizzare le folle. Da notare come anche in un pezzo più aggressivo come questo, Large Professor curi anche le parti più oscure della produzione, con stacchi di basso e loop straordinari. “Party Time” è l’esempio di come dovrebbe essere un pezzo da parti 8di questa musica, un pezzo da ballare senza sforzarsi di non fare caso a cosa si sta ascoltando e con evidenti omaggi ai maestri dell’Hip-Hop, nel ritmo e nelle citazioni. Per contrasto, a seguire c’è il pezzo più cupo del disco, “In The Ghetto”, composto da una base eccezionale, minimalista e quasi silenziosa, dove in quel club notturno sembra quasi farsi mattina. Per l’occasione Large Professor sfoggia un flow inedito, quasi sussurrato, sembra quasi un omaggio a Rakim. E funziona alla perfezione. A questo punto i veri malati di questa musica sono stati conquistati ma a colpire loro il cuore ci pensa la traccia numero sette, dal titolo emblematico. “Hardcore Hip-Hop” e il cui primo verso recita “fuck the alternative rap, I make style blacker”. Inconfondibile e soprattutto costruita su una base tiratissima (prodotta insieme a Mrco Polo), capace di scatenare e far muovere le teste su è giù come da manuale. Già un classico. A seguire, “Frantic Barz” si affida ad un loop di chitarra elettrica inserito tra batteria e una vocalizzazione che viene fuori nel break, per quello che è uno dei pezzi più crudi del disco e dove Large Pro sembra voler mettere le sue notevoli doti al micrfono. Al contrario, “Sewin’ Love” è uno dei pezzi più musicali dell’album, unica concessione a temi più “soft” con un testo piuttosto classico nella sua dedica alla compagna del cuore. Ma qui è chiaro che la concentrazione è sulle sonorità, un pezzo che farebbe invidia ai Brand New Heavies ed al loro soul acido. I pezzi 10-11-12 (tre parti di “RuDopeDapnNoyd”) sono in realtà da unire in una sola entità e sono una sorta di omaggio a “I’m The Man” dei Gang Starr, nella quale Premier aveva procurato una base diversa per ogni rapper facendone poi in una canzone unica. In quel caso i rapper erano Jeru, Lil’ Dap e Guru e Large Pro replica richiamando i primi due e sostituendo Guru con Big Noyd. E anche se i livelli di Premier sono difficili da raggiungere, c’è comunque l’opprtunità di ascoltare tre grandi composizioni e tre ottimi rapper purtroppo spesso sottovalutati. In “Classsic Emergency” Large Professor si riprende il micorofono e di nuovo dimostra di essere un grande mc oltre che un geniale produttore. E la sua genialità viene di nuovo fuori in “Rockin’ Hip-Hop”, pezzo tra i più spaziali mai prodotti dal nostro, con abbondanza di suoni elettronici, electro, space-rock e quant’altro ma anche con l’off-tempo e l’essenzialità di “To The Meadows”. Il tutto rimanendo nell’atmosfera di polveroso Hip-Hop che si respira dall’inizio. Infatti si arriva alla chiusura con “Large Pro Says” che sembra volere essere un saluto agli ascoltatori ma anche un modo per ricordare una parte spesso dimenticata di questa musica, cioè un’occasione per stare uniti e divertirsi.

Questo è un disco che mi sento di consigliare a tutti coloro che pensano che l’Hip-Hop non è musica, perchè sarebbe troppo facili con lavori che si avvicinano al soul e che si prestano a fusioni col pop non troppo amate dai puristi. La parte sonora di “Main Source” è talmente curata e ricercata che per un attimo anche i detrattori del campionamento potranno chiudere gli occhi ed ascoltare l’anima di un musicista Hip-Hop dal nome Large Professor. Che, per inciso, a quasi 40 anni è ancora pure un eccellente rapper.