Nadiè “Acqua alta a Venezia”, recensione

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“Non sa quanta melodia c’è nel rumore”

Un’opera visionaria e surreale che racconta con delicatezza una società misantropica ed arida. Una cover art destabilizzante e inquietante che deforma sensazioni e lineamenti di un realtà in cui fiaba e tratti orrorifici si fondono in un mash up stralunato e dissacrante, ideale nel riprende i toni vintage per rieditarli su di un livello di lettura che va ben oltre alle apparenze.

Partono da qui i Nadiè, pronti per osservare il cantautorato lo-fi attraverso uno specchio arguto della società soffocata dai mancati intenti e dall’esponenziale disorientamento, raccontato con acume e ironia attraverso un songwriting che si mostra come reale gemma di un disco definito da dieci tracce ricche di mood e comunicatività.

Acqua alta a Venezia, seconda fatica della band sicula, arriva a noi attraverso gli intrecci di Macramè Trame comunicative- Terre Sommerse – La Chimera Dischi riuscendo a conquistare per quella immediatezza che farà innamorare chi ascolta le note di Brunori Sas e Dente, qui deformati in favore di elementi strutturali vicini ad un alt-rock cantautorale. Così accade ad esempio con Solo in Italia si applaude ai funerali magnifico urlo reiterato posto contro l’inspiegabile, spesso metafora di ignoranza e disillusione.

Un mondo che, partendo dal frustrato sguardo politico, giunge a collegare il proprio trait d’union con venature sarcastiche ed impietose, quadro verista di una contemporaneità rabbiosa, ma al contempo arrendevole che rischia di annegare con l’innalzarsi dell’inquinata acqua dei nostri problemi.

Lo sguardo dei Nadiè, a tratti sembra volersi porre vicino all’universo Afterhours, mostrando sin da subito un approccio vincente, pronto ad esplodere su incisi ricchi di facilitanti sonorità e note a margine, legate ad un impercettibile rumorismo e ad un utilizzo vocale spinto ed espressivo.
Il ritmo battente vive attorno al dna di In Discoteca, visionario e metaforico viaggio tra droghe, surrealismo depotenziato e necessità di apparire; una traccia in cui la reiterazione dei bridge e degli incisi viene spezzata da un falso finale pronto a ridistribuire il groove.

Spesso arrangiate con semplicità e naturalezza le canzoni si pongono tra citazionismo e cinismo, passando dall’ironia malcelata di La bionda degli Abba alla straordinarietà espressiva di Breve storia di un metallaro, in cui i rigurgiti passatisti ci riportano tra i primi Maiden e il disagio sociale della diversità inorgoglita. Dai messaggi subliminali ci si sposta verso dinamiche baustelliane per poi virare verso il punk rock di Dio è chitarrista, che anticipa le polveri espressive di Gli sposi, da cui si palesa una sezione ritmica, pronta a dettare il sentiero della narrazione.

A chiudere il disco sono infine le striature anni’90 di Fuochi le cui venature grunge ci inducono a elucubrare sulla decadente società narrata da un disco piacevole e riuscito, le cui sensazioni contenutistiche riescono a bilanciarsi alla perfezione con quelle emozionali.

TRACKLIST:

1. Conigli
2. In discoteca
3. Solo in Italia si applaude ai funerali
4. La bionda degli Abba
5. Breve esistenza di un metallaro
6. Dio è chitarrista
7. Acqua alta a Venezia
8. Gli sposi
9. Fuochi
10. Bandiere a mezz’asta