Pecori Greg “Merry Krishna Hare Christmas”, recensione

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Pecori Greg è un progetto ideato da Valerio Canè e realizzato da Valerio Canè e Angelo Epifani; il complesso, che ricorda un combo rock socio educativo adulti, è formato da Valerio Canè, Angelo Epifani, Simone Cavina, Enrico Pasini e amici. Si rivolge a tutte e tipologie di utenti.

Così si legge all’interno del digipack di Merry Krishna Hare Christmas… e basterebbe per descrivere lo spirito squilibrato di una band eclettica e intelligente…ma per citare un grande poeta “non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”.

Ironia e diversità che, pur pervadendo l’interezza del disco, si pone con prepotenza tra le note in levare di My awesome paperotto, incipit folle del mondo dei Pecori Greg. Un atrio che per certi versi ricorda il primo Bobo Rondelli, qui citato indirettamente e probabilmente senza volontà, attraverso una costruzione sonora stranita e narrativa. Proprio dall’overture di questo stralunato debut ci si indirizza verso un velato surrealismo, che gioca con trovate bislacche quanto il suo sincratico titolo. Follia decontestualizzata anche dal rappare di Ginger Bomber, voce di Ginger Bomber number, in cui si inseguono sentori del Beck Loser, qui posti ai confini dello scratch e del lo-fi bughiano.

Di certo non ci si annoia percorrendo le stranite vie espositive del duo, pronto a lanciarsi nella psichedelica da lattina di Harley Parkinson , in cui citazioni beat e rock di stampo underground si fondono attraverso un uso inconsueto della bass line, fulcro espressivo di malcelate blasfemie e riffing old style, legati in maniera lineare al glockenspiel di Paparazzi and girls .

Le vesti si fanno deliziosamente vintage con Ritiro Gormiti usati le cui arie corali anni’50 anticipano il drum set di Mongojet, ideale terreno slide per inusuali sonorità prive di confini, pronte a viaggiare dai fiati sino al didjeridoo di Gianni Placido. A corredare la visionaria insania ragionata di Canè e Epifani è l’osservativa Lo Spaventapasseri, ideale traccia in grado di ridefinire la lettura multilivello della forma canzone, specchio di un album che entra nell’animo di chi ascolta la musica con critica attentiva, deprivata della banalità.

Tra i momenti più interessanti del full lenght annoveriamo il mondo orientale animato dal sitar di Lorenzo Macchiavellli, richiamo emozionale della titletrack ricca di influssi diversificati. Un mondo forse diluito nelle sue tempistiche, forse ambizioso, ma di certo vibrante nei suoi accenni prog-vintage, che tra limiti funk e falsetti, portano il mondo dei Pecori verso Ave Mariaci, straordinaria e dissacrante versione dell’Ave Maria Schubertiana, qui spinta dai venti messicani dell’Ovest.

Insomma un disco che tra pop, rock ed esperimenti vive ai fianchi di una quotidianità felliniana.