Polar for the masses “Italico”, recensione

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A ben osservare la cover art di questo nuovo disco, qualcuno potrebbe pensare ad una forma d’arte destrorsa, incastonata tra i Ben e Claretta e Casa pound, ma così non è. La nuova opera dei Polar for the masses, offre un tratto grafico che, pur ingannevole, si rifà ad un cero tipo di arte spigolosa cara al nero ventennio, ma di certo non si avvolge né di fasci littori, né tanto meno di politica di parte. L’intento del terzetto appare quello di accogliere l’ascoltatore in uno splendido viatico sonoro, pronto a valutare la crisi sociale del nostro paese, attraverso note corrugate che portano in dote il passaggio dalla lingua inglese alle dirette forme espositive del nostro idioma.

L’urgenza narrativa ha probabilmente imposto alla band il passaggio linguistico, in maniera da utilizzare canali più diretti, atti a raccontare (tra figure retoriche e songwriting perfettibile, ma accorto) storie di un’esistenza che arranca tra la vita e la morte. Dieci tracce colleriche che attraverso la loro diretta brevità costruiscono un ruvido nichilismo ed un ponderato scoraggiamento, ben strutturato da una maturata attenzione alle strutture sonore, talvolta limitate in profondità, ma assolutamente potenziate nel loro impatto.

La necessità di raccontare il nostro presente si fonde ad una curiosa e variabile mescolanza di generi legati da sottili linee espressive, da cui si manifestano elettronica e noise, nuove ondate e attitudini post punk, spezie funk e hardcore, tutte abbracciate al gonfalone dell’alternative rock.

Si viaggia attraverso lande cripto-post (Risveglio) e orientaleggianti impatti cadenzati (Laogai), forme espressive di un disco che sembra assumere migliori contorni solo una volta che il nostro orecchio inizia ad interiorizzare i movimenti della band. Spesso la vocalità sembra essere al completo servizio della partitura che si fa nera ed ossessiva in Terrorismo e Deejay, in cui l’ottimo drum set dona calore ad una tra le migliori tracce. Se poi in episodi come Wall street e Un uomo un vuoto l’approccio appare meno convincente, è con l’andamento subsonico di Miseria e nobiltà che la band trova massima espressione di sé, al pari dell’introduttiva Italico , le cui avvolgenti sonorità pungono l’onda nuova di un background agè.
Dunque è (forse) ora di accogliere il power trio come naturale erede del nostro recente passato, avendo dimostrato sin da subito un’agiatezza espositiva che solo Hai paura del buio? e Catartica erano riusciti ad avere nel mezzo degli anni ’90.

Tracklist

01. Italico
02. Miseria e nobiltà
03. Terrorismo e deejay
04. Un uomo un vuoto
05. Laogai
06. Wall Street
07. Risveglio
08. Ruvido
09. Drone
10. Mia patria