Rainover “Trascending the blue and drifting into rebirth”, recensione

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Dream Symphonic Rock. Un concetto semplice e chiaro che definisce con precisione il mondo dei Rainover. Un incontro armonico di sensazioni emotive che restituiscono al proprio ascoltatore un aurea narrativa particolare ed ispirata. Infatti, mediante il loro nuovo Transcending the blue…and drifting into rebirth, la band di Murcia sembra inseguire un’armonica mescolanza di sensazioni delicate, applicate agli stilemi del rock sinfonico che, nonostante alcuni passaggi fuori riga, finisce per avvolge attraverso diversificate tonalità.

Proprio i cromatismi variegati delle 11 tracce arrivano ad affrontare una sensazione libera di fusioni sonore, partendo da impronte heavy, sino a giungere a suoni dark e (udite udite) dance.

Il quartetto spagnolo, costruito attorno alla meravigliosa vocalità di Andrea Casanova, nasce dalle ceneri dei Remembrances, inseguendo un nuovo percorso artistico. La nuova line-up, guidata in fase di produzione da Carlo Bellotti e Jonathan Mazzeo, è giunta ad un processo di maturazione ideale per affrontare il florido mercato sui generis.

Le evidenti influenze stilistiche (con Within Temptation e in parte con degli Evanescence), non fungono da statico fulcro espressivo, ma al contrario finiscono per arricchire gli strutturati orientamenti inattesi. Una sorta di Simphonic metal tutt’altro che invasivo, abile nel porre il giusto accento sin dal suo principio. Una narrazione potente e pulita( Rebirth ), che si appoggia su riff nu style e corpose trame. Infatti, proprio partendo dalla costruzione delle liriche, la band sembra ben gestire sia la distorsione ponderata, sia le tastiere, spesso cuore complementare delle soluzioni espositive.

I comunicativi cambi direzionali, interposti tra gli intrecci nuvolari di Despair, preparano un drum set impeccabile, ma che poco osa, almeno sino alla contemplazione estetica di Cycles. La traccia profonda e soffusa pare dominata da un attento lavoro alle pelli, mentre la voce narrante di Luca Starita dei Neuromantik offre, con accenti puliti, un rimando al primo mondo dark anni ’80. Se poi Rain Over my Tears appare fondamentalmente piacevole all’ascolto, per merito di una solida e consistente bass line, è con H2So4 che si giunge ad un vero e proprio punto di non ritorno. Una traccia coraggiosa ma (forse) confusa e fuori contesto. Il sapore dance remix finisce, inevitabilmente, per disorientare. Una lirica (deliziosamente o terribilmente… decidete voi!) avvelenata . Un’impronta elettronica che si ritrova anche in Oh my cross!!, per poi dirigersi verso le più usuali e tranquillizzanti strutturazioni, atti anticipatori dei tracciati più consolidati di Hopeless e Remembrances

Insomma un disco che merita di essere ascoltato e valutato, non tanto per stimare l’obiettiva qualità intrinseca, ma per le espressività coraggiose, che celano un’interessante dose di originalità.