Receipt

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Due pugni chiusi, l’uno contro l’altro, un vecchio color seppia ed una scritta

“ through these years of defiance united we can win”.

Si presenta così il bell’album dei Receipt, prodotti dalla romana Equalily Records. Una confezione curata, (anche l’occhio vuole la sua parte), non solo nella sua veste estetica, ma anche nei contenuti rabbiosi e positivamente nichilisti che emergono dalle parole scritte per le tracks del disco. La voce calma e decisa di John Lightow che interpreta il pastore perbenista di Footloose, film di Herbert Ross, ci introduce nel mondo hardcore della band. Il brano in questione si riferisce alla predica domenicale contro il nefasto mondo del rock ‘n’ roll, di cui i Receipt fanno parte.

Il sampler utilizzato presenta in modo catartico la roca voce di Daniele che sgomitola una sorta di inventario introspettivo, nella ricerca di valutare questi anni di pazzia, passati troppo in fretta.” Through these years of..” viene dominata da un preciso basso, i cui accordi, ricordano la talentuosità di Steve Harris, anima storica dei Maiden. Un parallelismo, che può apparire alquanto insolito per una band di Hardcore Old school, ma che in realtà viene a rafforzarsi all’ascolto di sonorità Powerslaviane di “Definition” il cui sound è spezzato dalla citazione tratta dal “Galileo” di Berthold Brecht.

La title track invece riporta la band alle usuali tempistiche hardcore, rapide e rabbiose, che trovano terreno fertile anche nello speed-core di “Eyes of rage”, travolgente lirica di reazione supportata dalla velocissima batteria, non troppo lontana da uno stile Gore-metal; un brano rapido e incisivo come il morso di una serpe.

Tra i migliori brani dell’album annoveriamo “Out of sight” con il suo inquieto senso di oppressione e la sua incondizionata voglia di reazione contro chi vuole sopire idee e libertà (..rights are oppressed in front of your eyes…). L’unica nota stonata di questo nuovo prodotto dei Receipt sembra essere la conclusione dello stesso; infatti “Politicians” appare nelle sue stilettate alla politica, venato di facile retorica, che non sembra seguire il felice leit motiv di “the time is now”. Il capitolo conclusivo risulta essere ben poco graffiante nel suo attacco alle promesse vane e alle bugie dei politicanti. Meglio riuscita è “Change the rules” in cui si esamina la necessità di cambiare le obsolete regole volute dai governi, attraverso una coscienziosa esamina di se stessi, per riuscire ad eliminare vergognose macchie sociali come ad esempio il debito del terzo mondo.

Ascoltando quest’album, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, sembra normale pensare che se l’hardcore uscisse dal razzistico ghetto, dove le major lo hanno rintanato, i Receipt assieme ai Summer league ( citati nei thanx), otterrebbero senza dubbio quel successo che meriterebbero, grazie a quella voce potente ed impeccabile e a quelle sonorità mai confuse e azzardate.