Sercati “The rise of the Nightstolker”, recensione

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A distanza di soli tre anni i belgi Sercati, melodic black metal band, giunge alla sua seconda fatica approdando tra i focolai della Grom Records. Una mescolanza di armonia ed oscure atmosfere, interposte tra desolazione doom e coinvolgimento filmico, che si propone tra interessanti passaggi espressivi, figli legittimi di Tales of the fallen. Un fil rouge che ci conduce ad estratti onirici, in cui, a tratti, ci si perde per poi ritrovarsi su diversificati piani di lettura, proprio grazie ad un story telling gradevole e ben lontano da estremismi sui generis.

La narrazione ha inizio con le diluite note premute contro lo spoken word del preludio, secondo il quale la storia trova principio quando un angelo caduto dal cielo decise di scendere sulla terra per aiutare l’umanità, contraddicendo alle leggi del padre.

Proprio da qui si parte per il viaggio tra i meandri creativi della band, in grado di mostrare, sin dal principio, idee concrete e ben definite, proprio come dimostra l’iniziatica The hound from hell, Un antro inquieto dello splendore esecutivo di Until my last breath, di certo tra le tracce più interessanti del platter. La vocalità biforcuta e mefistofelica di Sleve Fabry rende valore aggiunto all’opera, armonizzandosi su riff heavy, spezie sinfoniche e strutture dalle cromature oscure.

La linea di cantato, che a tratti ricorda gli interludi di Nightmare theatre , nonostante alcuni passaggi perfettibili, racconta di un disco reso opera rara, proprio grazie all’impronta espressiva, qui vissuta come accorta mescolanza. Uno scontro sonoro che si incontra con aperture sceniche atte a trascendere, in maniera riuscita, verso linee gentili e pulite.
Se poi con I Failed emergono venature barocche, è con My Legacy che si concretizzano nebbie narrative destabilizzanti, innestate tra epicità e claustrofobia. Non mancano poi né riusciti rimandi manowariani ( In Equilibrium), né (ahimè) riempitivi easy ( Lose my mind) che, per fortuna rimangono radi episodi, dispersi tra i grezzi e curiosi passaggi di Face to face, in cui l’ascoltatore si ritroverà immerso a riff folk-epic ed echi dissonanti.

Insomma, un disco…lasciatemelo dire…originale, in grado di schiudere dal proprio scettro una miriade di influenze, che talvolta arrivano a collidere, ma che pongono l’attenzione verso nuove sonorità prive di compartimenti stagni.

1 – Rememberance
2 – The Hound from Hell
3 – Until My Last Breath
4 – Hunt between Fallen
5 – I Failed
6 – In Equilibrium
7 – Lose My Mind
8 – My Legacy
9 – Face to Face
10 – No More Fear
11 – The Hero We Don’t Deserve