Sinatras”Drowned”, recensione

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Stanno per partire per un tour europeo che li porterà ad Est, dove il metal vive di luce propria, mostrando da sempre una sensibilità anche estrema verso un genere che continua a racchiudere in sé molto più di una semplice esteriorità. Mancano pochi giorni… e questo nuovo Drowned approderà sui palchi di Praga e Bratislava, mostrando i denti e il sudore di un sound ormai maturo e corposo, in cui ancora e ancora riescono a mescolarsi l’hard and roll con le antiche impronte thrash-death e stilemi Hc.

Undici tracce energiche, spigolose ma al contempo catchy, in grado di modulare l’arroganza ruvida dell’heavy, qui abbracciato ad armonie di immediato impatto, tipico dei Sinatras, oggi legati al doppio filo Logic(il)logic-Atomic stuff.
Il quintetto arriva quindi al tanto atteso full lenght, poco tempo dopo l’ottimo extended played Six Sexy Songs, in cui iniziava a trapelare l’energia e la verve creativa del combo death’n’roll, pronto a confermare la linea sonora del recente passato.

A dare le giuste good vibration è il forte vento dell’introduzione; una pioggia scrosciante che inizia a bagnare le note di un vero e proprio esplosivo anthem, il cui attacco di batteria ci riporta agli antichi fasti del thrash metal degli Anthrax. La traccia iniziale, di certo annoverabile tra le migliori parentesi dell’intero album, riesce a coniugare l’andamento in stile eightees con assetti vicini alle moderne forme heavy.

Rallentamenti, cambi direttivi, brevi inserimenti di guitar solo e curiosi approcci sonori raccolgono un brano ricco e curato, i cui arrangiamenti risultano architettati in maniera ideale, senza perdere la necessaria granulosiotà e l’indispensabile naturalezza. Infatti, Drowned rappresenta una sorta di estraniazione dal tracciato retto, rappresentato in maniera metaforica dalla linea di cantato che forma e si trasforma toccando influssi inattesi, proprio come quello di un grezzo blast beat della seconda parte, pronta a portare verso il blackned la trattata materia sonora.
L’album, fondamentalmente coraggioso, narra la struttura ragionata e grezza di un drum set presente e puntuale, spinto da animi vintage, pronto a condurci in un mondo ai limiti dello speed, nonostante una mancanza di profondità sonora dovuta a qualche perfettibile passaggio di produzione.

Il disco godibile ed emozionale trova poi nell’eccessiva durata la parziale perdita di mordente, anche se la qualità espressiva ed il mood presentano la band come una tra le più felici espressioni del nostro underground italiano, proprio come dimostrano i toni nereggianti di Something to hate e Miss Antropy.

Se poi con Flow si giunge addirittura a toccare il grunge prima e a sensazioni tecnical death metal poi, con Blind Fury (nomen omen) si raggiunge un apice emotivo da cui ripartire verso una sempre maggiore consapevolezza.

Insomma un disco che possiede un unico neo…l’inadeguatezza delle foto session che non riescono a raccontare l’enorme potenziale di una band che sarebbe storia, se fosse nata 30 anni addietro.

TRACKLIST:
Drowned
24/7
Cockroach
Something to Hate
Flow
You Spin Me Round (like a record)*
Los 43
Miss Anthropy
Back In Frank
Blind Fury
Spiral Hell