Secret Sight “Shared Loneliness”, recensione

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Dopo qualche anno, eccomi nuovamente a disquisire sul mondo dei Secret Sight, oggi profondamente trasformato rispetto al recente passato, non solo a seguito del cambio di label e della separazione consensuale con Matteo Schipsi, ma anche e soprattutto per un’inattesa evoluzione sonora.

Le nove nuove tracce della band marchigiana appaiono, infatti, in grado di mantenere le radici espressive presenti in Day. Night. Life , ma al contempo sembrano riuscire (con accortezza) ad alimentare l’arte visiva e visionaria già preannunciata dal surrealismo “magrittiano” della cover art curata da Margot Pandone.

Il disco, affidato all’arte produttiva di Alessandro Ovi Sportelli, sembra pertanto rappresentare un innovativo step verso un nuovo orizzonte emotivo, in cui decadenza narrative e cupezza nereggiante ridefiniscono i nuovi contorni di un album, in cui introiettare il proprio ego con il coraggio di vivere il disorientamento e il destabilizzante isolamento. Ma non pensiate di ritrovarvi all’estremità dei suoni, perché questo nuovo full leght porta con sé armonie e mood, proprio come dimostrano le note iniziatiche di Lowest point, in cui l’ipnotico e reiterato spazio d’overture funge come reale antro espressivo, specchio di un disco pronto a giocare con foschi rimandi vintage ( Stage lights ), ma in grado di modulare improvvisi cambi direttivi che, dalla claustrofobia, ci invitano ad un’apertura emotiva, ideale incontro tra sconosciuti orizzonti e radici eightees.

Difatti, proprio la bass line, sin dai primi passaggi, appare legata al modus operandi della new wave passatista, qui rivista attraverso spunti strutturali pronti a guardare oltre. Così accade nell’aurea “Editors” di Blindmind e nella riuscita Fallen , in cui le note riportano sonorità Robert Smith, portando l’astante verso “fiori” decadenti e calmieranti, che strizzano l’occhio all’easy listening per poi giocare con il passato di Swan’s smile, a mio avviso tra le tracce più interessanti della nuova opera.

Il suono piacevolmente legato ai primi anni novanta basa il proprio andamento su di una linea ipnotica e circolare, su cui il seducente percorso vocale apre ad armonie immediate, riverberi e passaggi chitarristici d’impatto, pronti a disegnare la via di Over, estraniante ed impolverato sapore electro-west.
A dare chiusura all’ottima seconda fatica della band sono infine il battito pulsante di Surprising Lord e la melanconia espressiva di Sometimes , ballad emozionale, ideale chiusura di un disco in cui entrare sottovoce.

Tracklist

1) Lowest Point
2)Stage Lights
3)Blindmind
4)Fallen
5)Flowers
6)Swan’s Smile
7)Over
8)Surprising Lord
9)Sometimes