Solo Posti In Paradiso – rOMA – recensione

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Mi piacciono gli artisti che hanno coraggio. Quelli che considerano ancora lo scrivere canzoni come un modo per canalizzare tutte le proprie emozioni, fregandosene del mercato e delle sue regole prestabilite, senza per questo trascurare la qualità del proprio lavoro. È certamente il caso di questo album d’esordio di Vincenzo Romano, in arte rOMA, dal suggestivo titolo “Solo posti in paradiso”. Al primo ascolto il disco può addirittura scioccare per la sua schiettezza, il linguaggio senza filtri e per la sua musica rock diretta, priva di fronzoli.

La produzione esperta di Paolo Messere ha saputo dare forma a questa vera e propria tempesta di parole e musica, senza minimamente toccare la capacità espressiva dell’artista originario di Eboli. I testi in generale risultano complessivamente ermetici nel senso che i versi sono concepiti più come immagini a sé stanti, mentre il significato complessivo dei brani resta più criptico per chi fosse interessato a ricercarne uno. Non mancano termini in qualche modo scurrili che tuttavia non sembrano usati (come spesso accade in casi analoghi) solo per fare effetto sull’ascoltatore, ma a mio avviso dimostrano semplicemente l’assenza totale di compromessi. In altre parola la volontà principale è quella di trasmettere i forti sentimenti di disagio, amarezza e disillusione che trasudano praticamente da ognuno degli undici episodi in scaletta.

In apertura “Come se fosse facile” racchiude già gli elementi base che ho tentato di sintetizzare ma a livello sia melodico sia musicale dimostra una maggiore accessibilità rispetto ad altre canzoni che seguiranno. Un piccolo assaggio dei versi seguenti “Ma che colpa abbiamo noi se le balle ci sovrastano, se gli amici sono virtuali e la pioggia porta acidità nei saluti ogni lunedì mattina, nelle corse che facciamo nelle risposte che sputiamo” solo per dimostrare che rOMA è uno che non la manda di certo a dire.

La successiva “Lentamente” rappresenta una vera e propria cavalcata elettrica sulla cui ferraglia scorrono parole affilate come lame “La banalità delle risposte, la ferocità delle solite mille attese / E in questo silenzio sorprendimi spalancami gli occhi divorami / Frammenti di gelo a piccole rate, bisogni confusi”.

Il singolo “Le dame e la luna”, accompagnato da un video inquietante ma ben riuscito, è un un pugno allo stomaco (“Le montagne sono i lividi e i fiumi sono il sangue che mi hai tirato via / Tu che cosa sai di me tra una birra e un superalcolico / E le cazzate di contenimento prima che scoppiasse l’indelebile / Ma tu non chiedermi perché siamo figli di una modifica genetica / Dove i sorrisi e i sogni di un tempo non basteranno a pararci il culo / Non serviranno a pagarci il mutuo, non riusciranno a sfondare un altro muro”) e in quanto tale, la scelta di proporlo come portabandiera del disco conferma tutta la sincerità e trasparenza di rOMA che non usa le proprie canzoni per “accaparrarsi un pubblico”, ma è come se le attaccasse su una bacheca come dei post it, per farli leggere a chiunque fosse interessato a farsi trascinare in una cascata emotiva. Lo stesso dicasi per la title track, quasi una ballata ma sempre piena di amarezza con quel suo….”tanto per noi solo posti in piedi in paradiso”.

L’etichetta Seahorse ancora una volta dimostra di saper scegliere i suoi cavalli di razza da liberare nelle praterie della discografia italiana, dove la “battaglia” fra le varie label è sicuramente senza tregua. Complimenti davvero.