The Sickle “Get bigger last longer”, recensione

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Sono padovani, esteticamente vicini al mondo di Tommy Lee e suonano un rock and roll striato di nu punk e power pop. Si chiamano The Sickle (la falce) e fedeli al loro nome propongono composizioni genuine, semplici e aggressive, in un compendio di emozioni taglienti e dirette. Per alcuni versi sembrano (voler) ricordare le strutture di Green Day e Blink 182, ma l’aspetto perfettibile del loro operato li tiene ancora legati ad un underground che vive sul limite del deja ecù. Il giovane trio, dopo il recente esordio, torna alle stampe con Get bigger last longer, forte di un’attività live intensa e accrescitiva che, a piccoli passi, ne sta definendo una fisiologica maturazione artistica, tale da portarli alla colonna sonora della show reel voluta da Alex Zanardi.

Il disco si estende sul mondo rock con circa quaranta minuti di note senza concepire nulla di nuovo, ma senza dubbio capace di consolidare l’anima della nuova ondata punk post ’90, raccogliendo energie dal target giovanilistico, cercando e (a tratti) riuscendo a creare sbocchi inusuali sulle partiture. Una sorta di mondo pop nu punk, in cui il trio ci racconta di una radicata necessità espressiva spesso diversificata nei suoi intenti. Infatti, il buon riff iniziale di Automatic drive, ci accompagna appoggiandosi ad uno sviluppo interessante del drum set, capace di orientare i cambiamenti repentini di direzione. Guitar solo ed enclave filtrate, appaiono ben costruite attorno a convincenti armonizzazioni e curati arrangiamenti.

Con brani come C’mon il gruppo ci ospita nella sua anima rock and roll, che sembra maturare attorno alla voce pulita del frontman, per poi rallentare verso una cambio di ritmo parziale, da cui fuoriesce le 4 corde seventies. Se poi a tratti (At a time) la linea di cantato riporta alla mente il primo Scott Stapp, in Electricity viene ravvivato il sentore greendaiano, attraverso trovate stilistiche che ricordano gli Offspring più edulcorati.

IL deja ecù di My own down, infine, si affianca alla chitarra ronzante di An Aswer to every moment e all’ottimo lavoro di post produzione di Clench your tie, da cui si percepisce un attento sguardo ai singoli passaggi.

La band di certo ha il merito di proporre un’ottima pronuncia anglosassone e il demerito di promuovere un songwriting scricchiolante, in grado però di non riproporsi in maniera metodica e ridondante, nonostante il fisiologico e necessario fil rouge che a va a chiudersi con la bonus track di chiusura, in cui la versione acustica di Wake me up break me down ritaglia una piacevole ventata di freschezza per una band che sta sbocciando proprio come il web site che, pur essendo under costruction, sembra nascondere un buon orizzonte.

Tracklist

01. Automatic drive
02. C’mon
03. At a time
04. Clench your tie
05. Wake me up break me down
06. Electricity
07. Confused
08. If I were humble
09. My own doom
10. An answer to every moment
11. Wake me up break me down (acoustic version)