Tonylamuerte “Tonico Caprone”, recensione

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L’esistenza di un musicista underground è una faccenda faticosa…una scelta di vita…io ho scelto il caos che, in quanto voluto, è l’unica dimensione che può darmi pace.
TonyLaMuerte

È tornato. Dopo un anno esatto eccomi, infatti, nuovamente alle prese con il lo-fi mega dobro di TonyLamuerte, brillante onemanband, ancora una volta alle prese con una deliziosa ed avvolgente bassa fedeltà a volume tirato. Il nuovissimo Il tonico Caprone, immerso tra grancassa e smanianti slide, si nasconde, nel suo nero vestito, dietro all’ottima art work di Roberta Penzo che, con un monocromatismo alterato, racchiude l’alternatività e la genuinità dell’autore vicentino.

L’album di Luca Toniolo si offre attraverso 23 tracce effettive, delle quale sono 11 quelle definibili come tali. Infatti, le restanti 12 altro non sono che interludi sonori alquanto geniali nella loro purezza; collanti ben definiti che fungono da bridge tra un’opera e l’altra. La forza vitale dell’autore di DimonioColombo persiste imperterrito, ma qualcosa appare cambiato. Ascoltando il nuovo full lenght vi apparirà chiaro un cambio di rotta, non solo a livello di songwriting, qui scarnificato del lato non sense, ma anche a livello di colori. Tonico Caprone si mostrerà più cupo e dissacrante, portato avanti mediante l’attesa arte della demistificazione e della schiettezza espositiva, che potrebbe rimandare ad un curioso gioco di parole (Tony-co Caprone), atto a metaforizzare l’ostinata e vincente verve artistica del musicista.

Ad aprire il disco è l’inatteso suono ossessivo di Cristallino che, nella sua ridondanza onirica, si erge dalle acque pacate di una partitura controllata, quasi a voler dare un piccolo segnale di mutamento. Le dolci ridondanze si uniscono in maniera impercettibile a piccole svisate blues, in un mondo assolutamente ciclico, che offre in maniera climatica un aumento ponderato di elegante condizione narrativa. L’ accrescimento emotivo, va a fondersi in maniera naturale in Ti taglio in quattro, lirica pronta a richiamare antiche urla, cantate attraverso una granulata alternanza alla pulizia vocale, che racconta senza fronzoli la realtà verista dei tessuti sociali.

La classica sovrabbondanza del tracciato sonoro, ci ricollega poi alle strutture convincenti dell’esordio, proprio come dimostra Ballo del morto, in grado di delimitare un ampio respiro alle sonorità dobro, inserite in una piacevole aria hard’n’rock, in cui i brevi silenzi fungono da cassa di risonanza per le strofe. La cupa struttura tinta di nero, si ritrova nei colori di Il vecchio del monte e la splendida Il corvo, ben tirata quanto l’intenso r’n’r di Caprone , in cui la ruvida linea vocale si diletta tra i movimenti rapidi delle dita e le sensazioni traditional che fagocitano una curiosa citazione del Vasco Rossi anni ’90. Se poi gli accenni psichedelici de Contrasto ci presentano un nuovo lato dell’artista, con l’uncensored Vacca Puttana i ritmi accelerano gli intenti, come a voler fuggire dall’immobilità del titolo, tra perfetti riff, violente venature country punk e l’imprescindibile root blues.

Chiudono il cerchio imperfetto L’impiccato , traccia dalle sensazioni vicine alla trilogia del potere e le estremità spigolose di Una canzone sulla morte, che conferma il curioso fil rouge legato alla buia mietitrice.

Dunque, ancora una volta mi sento di dover promuovere il nostro Onemanband, abile nel far trapelare un arte diretta, il cui sapore live si ritrova costantemente a declinare le blue note ed il rock and roll più lurido.