Wonder Vincent “Fiori”, recensione

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I tempi dei cambiamenti sono finiti: i Wonder Vincent arrivano con l’attesa stabilità della line-up per l’(altret)tanto atteso seguito delle incredibili storie di Roller Kostner.

Tra pochi giorni, infatti, vedrà la luce Fiori, eclettica e disorientante opera seconda. Tredici tracce modulate tra impronte stoner, altronic- rock, distorsioni e perturbazioni P funk, proprio come accade sin dalle prime battute con la straordinaria Swag anthem sonoro in cui un andamento Peppers incrocia la grezza magia del grunge tipica del mondo di Chris Cornell. Un viaggio tra le solide pietre soniche, mitigate da un refrain immediato e facilitante, che mitiga le sonorità tipiche della Go Down Records.

Il disco autoprodotto, è stato registrato, mixato e masterizzato da Federico Brizzi, guida tecnico-espressiva della piacevole follia esecutiva, in cui ritroviamo spiriti nirvaniani (Post to me), pronti a svincolarsi da banalità e facili parallelismi. L’impronta che il terzetto offre all’ascoltatore si palesa priva di cliché e inalterata impostazione, proprio come dimostra Fine. La track, in equilibrio sulla sottigliezza di voce e chitarra, offre al graffiato timbro del frotnman armonie da Marcy playground, qui richiamati per l’emotività descrittiva, che vira verso gli spigoli di Ebony, per la quale appare impossibile rimanere inermi.

La band, nata poco più di un lustro addietro tra i monti dell’Umbria, si propone di raccontare piccole storie modellate su ritmiche cadenzate e slow (Blow ), che molto devono al mito di Seattle, e cavalcanti follie in SOAD style (Gelsomino) ,in una riuscita armonia tra nuove onde heavy e andature nu-Punk. La traccia, tra le migliori del disco, sembra voler racchiudere tra i suoi spigoli un dedalo di intuizioni che, pur prive di una facilitante armonia, descrive gli immaginari e visionari andamenti disegnati dai suoi autori.

La tensione emotiva è calmierata dell’aurea femmina di Trampoline Man, che con il suo andamento d’oltreoceano in Harper style anticipa sensazioni apolidi, abili nel diluire il valore attentivo dell’ascolto. Se poi con Spoon rest si torna al miglior grunge, qui venato di sludge, con Old Jade ci si sofferma ad osservare la più classica delle ballate, in cui la linea vocale regala uno spettro espressivo ampio ed impeccabile, tra vibrato e calore emotivo, prima di offrirsi in dote a distorsioni e magiche aperture sonore, che ritroviamo in Hiawatha, atto di chiusura di un disco magico da ascoltare con attenzione e trasporto.

Tracklist
1. Io no italian head
2. Swag
3. Post to me
4. Fine
5. Ebony
6. Please
7. Blow
8. Gelsomino
9. Trampoline Man
10. Spoon Rest
11. Old Jade
12. Doombo
13. Hiawatha