Skinhead di Riccardo Pedrini

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“Bovver is not our only pastime…we like raggae, clothes, football and girls, and being left alone”.

Questo è l’incipit del capitolo primo di “Skinhead”, seconda edizione della gustosa opera di Riccardo Pedrini. Già uscito nel 1995, il libro è oggi riproposto con aggiornamenti adeguati ai tempi e con una nuova introduzione di Valerio Marchi, sociologo capitolino, maestro compianto nello studio delle sottoculture giovanili. Il libro, edito dalla riminese Nda press, offre al lettore un interessante quadro socio-musicale della realtà skinhead partendo dagli albori degli anni sessanta in Inghilterra, attraversando le radici giamaicane, per poi finire nella contemporanea e finalmente chiarificata distinzione tra le varie tipologie skin, circumnavigando l’erronea concezione paritetica tra il mondo paramilitare dei nazi-skin e gli original skin, così lontani dalle ideologie destrorse.

Il viaggio racconta di Zazous, Mods, Teddy boys, ed inevitabilmente di Punk, in un giro del mondo (per alcuni) deviante, finalizzato al rivelare le origini working class e gli ideali di fratellanza, calcio, birra e disoccupazione, che i testi OI! hanno avuto la voglia e il coraggio di raccontare, attraverso una filosofia meno nichilista e meno marcatamente non-futuristica del loro parente stretto nato nel 1977.

Il libro, attraverso le parole di chi il mondo skin lo ha vissuto in prima persona, risulta capace anche di rinverdire la mai sopita avversione verso la stampa generalista, incapace di comprendere la vera realtà, ma purtroppo capace di infangare la nomea di coloro che iniziarono con il nome di lemonhead. Pedrini riesce, una volta per tutte, a fugare ogni dubbio sul mondo Skins passando in rassegna lo stile, la musica, e la parziale politicizzazione dei gruppi.

Per ogni domanda che potreste avere sull’argomento avrete di certo una risposta.