Stereolab – Cobra And Phases Group Play Voltage In The Milky Night, recensione

Stereolab covere del cd

Premetto che ho conosciuto gli Stereolab colpevolmente tardi (era il 1998), grazie ad un amico che mi aveva registrato su cassetta una selezione di quelli che secondo lui erano i brani più significativi. Non sapevo quasi nulla dei componenti del gruppo e della loro vita, della loro storia musicale, ma dopo di allora non avevo desiderato nulla, che non fosse ascoltare uno per uno, tutti i loro dischi.

E così avvenne…

Capita così di rado di perdere la testa per una band o un musicista ed è un’esperienza che coinvolge in maniera molto simile a una nuova storia d’amore. Chiunque ascolti musica sul serio ha provato questa esperienza; la quantità delle sbandate è proporzionale probabilmente, al tempo che si dedica o si è dedicato alla più nobile delle attività mentali. Per intere settimane ascolti senza stancarti quasi solo lei, la musica che chissà per quale motivo nascosto, legato sicuramente ai ricordi dell’infanzia e all’educazione ricevuta, ha conquistato il tuo cuore. Quando il rapporto si è consolidato, puoi concederti anche dei lunghi periodi lontano da lei, e allora, se per caso ti capita di ascoltare uno dei suoi brani senza averlo programmato, magari al supermercato o in autostrada, il piacere è supremo! Quando torni a casa non sempre ti conviene cedere alla tentazione di metter su proprio quel disco, c’è il rischio di perdere l’effetto Proust/Madeleine (Marcel Proust, 1° Volume de “Alla Ricerca del Tempo Perduto”).

A me è successo così, per il concerto campestre di Poulenc a 4 anni, per il Bolero di Ravel a 6, le variazioni su tema di Haydn di Brahms a 7, la 6a di Beethoven e le Quattro Stagioni a 8, i Beatles a 11, i Pink Floyd, gli WHO e Nursery Cryme dei Genesis, Closer dei Joy Division, Wharehouse e Flip Your Wig degli Hüsker Dü, gli XTC, i Blur e i Rolling Stones, Debussy, Heaven or Las Vegas dei Cocteau Twins, Spiritchaser e Into the Labirynth dei Dead Can Dance, Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols e Never Mind dei Nirvana, Jaques Brel, John Coltrane, A Kind of Blue di Miles Davis, Pat Metheny, Erpland degli Ozric Tentacles, Bob Marley, The Pearl di Brian Eno e Harold Budd e probabilmente per molti altri.

E come potete ben vedere da questa delirante prefazione, ho perso la testa anche per gli Stereolab o meglio, per questo stupendo album datato 1999. Si tratta di pura musica aliena! Gli Stereolab sono un gruppo imperdibile per chiunque; si tratti di cultori della musica classica, del Jazz, Punk o Metal e persino di non amanti della musica in genere (esistono anche loro!!!).

“Cobra And Phases Group Play Voltage In The Milky Night” è semplicemente l’album più bello che gli Stereolab abbiano composto dopo “Transient Random-Noise Bursts With Announcements” e uno dei più belli in assoluto dell’intero decennio 1990-2000. In generale, la musica degli Stereolab è un monumento alla creatività e per tale motivo nessuno dovrebbe azzardarsi a cercare un paragone, ma rispetto agli album precedenti, questo ha una deliziosa caratteristica, in comune peraltro con il precedente sopracitato album-termine di paragone: anche sforzandosi, e dopo numerosi ascolti, non si riesce ad individuare un brano discreto, come invece potrebbe accadere ad esempio ascoltando “Peng” o “Emperor Tomato Ketchup”. Il luogo comune “un brano più bello dell’altro” si adatta perfettamente a questo sublime capolavoro di fine XX secolo. Il pregio maggiore del gruppo è, a mio avviso, la capacità di suonare l’imprevedibile, l’inascoltato, il saper fondere con disinvoltura e maestria infiniti spunti musicali (non dico quali) in una miscela di fascino indicibile, che ha il sapore della sigla di 007, delle sequenze dei films di UFO e delle modelle di Blow Up proiettate nella moderna era della comunicazione cellulare e di Internet, ma vissuta in una moresca cittadina dell’Alentejo nelle prime settimane d’autunno.

A proposito, un’altra caratteristica dei “pezzi” degli Stereolab è la loro naturale adattabilità a immagini in movimento, come una colonna sonora del più bel film per ognuno di noi, la nostra vita. È come se ci fosse qualcosa di dejà vecu, in Cobra…, ma penso che sia impossibile risalire al punto zero; forse, anzi quasi sicuramente, nemmeno Tim Gane e Laetitia Sadier ne sanno qualcosa. Ma l’aspetto più straordinario dell’ascoltare Stereolab è la spontanea serenità e la pace interiore che è in grado di generare una musica che tutto sommato tanto allegra non è. Chissà che gli Stereolab non abbiano ritrovato, senza saperlo, quella formula che alcuni di noi individuano spontaneamente, ma che per molti altri è occulta e lontana, e potrebbe rappresentare un insperato ritorno alla felicità.

Il resto è purtroppo storia recente. Nel 2002 Mary Hansen, la mitica ed irresistibile backing vocal “ba da ba” singer, viene investita e uccisa in bicicletta a Londra da un autocarro. La band stenta a riprendersi dal terribile colpo, dati i profondi legami di amicizia fra i componenti, ma comunque, nel 2004 esce un altro capolavoro: “Margerine Eclipse”. Poco dopo gli Stereolab perdono il loro prestigioso contratto discografico con la Elektra in seguito ad una politica di “ri-strutturazione” della major finalizzata a mantenere, data la crisi imperante download-dipendente, solo i gruppi che vendono più di una data cifra. Gli Stereolab vengono purtroppo esclusi da questa “casta di eletti”. Nella speranza di una ripresa, di un ritorno “alla grande” degli Stereolab”, si tratta comunque di un vergognoso ed ingiustificato smacco, per la band più influente degli anni ’90. Nel 2006 esce, per la “Too Pure” una raccolta di singles ed EP col titolo “Fab Four Suture”, molto apprezzata dalla critica, ma praticamente priva di pubblicità e distribuzione.

Sognando tempi migliori…