I 100 migliori dischi Death Metal, recensione

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Secondo alcuni studiosi, il valore emotivo della musica risiede in quella parte di cervello che si chiama sistema limbico, collocandosi così in maniera naturale nei medesimi centri del piacere che vengono stimolati da cibo e sesso. Proprio in questo caso, il messaggero ormonale dopaminico si chiama musica e rappresenta un mondo sfavillante, che appare neutro solo ai pochi affetti da amusia congenita; infatti per i più l’armonia nella sua accezione più ampia, arriva a rappresentare motivo di emozione, relax e svago, metafora del quotidiano o, all’estremo, motivo di vita da tatuarsi sulla pelle.

Tutta la musica, qualunque essa sia, può rappresentare per ognuno di noi, momenti vividi o confusi, ricordi, sensazioni ed immagini capaci di trascinarci in un mondo parallelo e sognante. Chi però, come il sottoscritto, ha amato e ama tutt’ora il mondo metal, spesso trasforma quel mondo estasiato in una ricercata concettualità dell’incubo (voluto), avvolto in un turbinio di note potenti che devastano e tramortiscono. Le emozioni forti del brutal e delle sue degenerazioni, appaiono ai fan sui generis un ottima stazione di rifornimento di energie sperperate, come epifanie concettuali atte a delineare una concentrazione naturale di tempra.

Oggi, quel mondo iniziatico dei Black Sabbath è stato trasportato all’estremo, come travolto da sostanze psicoattive che generano la necessità di stimoli sempre più violenti ed estremi. Basta valutare il mondo dei Vulvectomy, degli Intracranial Butchery e dei Disgorge e chiedersi da dove arrivano sonorità così crude, malsane ed infernali.

La risposta a molti quesiti storiografici li ritroverete tra le pagine di I 100 migliori dischi death metal, nuovissima release della Tsunami Edizioni, ad oggi (forse) l’unica realtà editoriale in grado di soddisfare appieno il mondo che si trova ai margini del metallo pesante.

Il libro si autodefinisce già attraverso la scelta del titolo, rappresentando una sorta di guida essenziale al mondo death, attraverso le parole di Stefano Cerati e Barbara Francone, il cui percorso dentro l’efferato mondo metal è scandito come uno schedario fondamentale, complementato dal colore delle cover art degli Lp che hanno fatto la storia del genere. I racconti degli autori ci trascinano in un percorso tutt’altro che lineare, in grado di raccontarci in maniera ipermediale le sensazioni, le curiosità e gli sviluppi dei migliori prodotti Death, riuscendo a dar voce anche a opere che faranno storcere il naso ai puristi del genere, a causa di elementi fortemente fuorvianti e devianti dalla purezza incontaminata dell’età dell’oro.

Tra le 200 abbondanti pagine potrete ricominciare il vostro nostalgico viaggio partendo dall’altare della follia di Trey Azagthoth, assieme alle sensazioni uniche di chi ha avuto la fortuna di esserci in quel 16 febbraio 1985 per accogliere il vinile di Seven Churces, opera tra le più influenti del panorama. Il lettore avrà la strada lastricata dalla nereggiante cupezza dei Necros Christos, sino al filmico gore dei Motician, senza dimenticare gli influssi primordiali dati al genere da parte di Napalm, Morbid, dal compianto Shuldiner e da molte altre band che in maniera più o meno diversa hanno creato i due lontani poli attrattivi, principali fucine di brutalità sonora.

Un libro che unisce la Florida all’estremo nord europeo, senza dimenticare tutti quelle band che come Sadist, Vader e Pungent Stench sono state capaci di inghiottire le sensazioni uniche che il genere sa offrire.