Roger Waters. This is not a drill – Live in Milan 01-04-23

Premessa

Se siete tra quelli che amano i Pink Floyd, ma non sopportano le idee politiche di Roger Water, potete tranquillamente “andare a fanculo al bar”.

Che sia chiaro, non sono io a scriverlo (eh)! L’autore dell’invito è proprio Roger Waters che, in incipit di concerto, lancia il proclama dai mega schermi, pronti a dominare un enorme palco posto al centro di un Forum gremito (per la quarta volta in pochi giorni).

L’anima fondatrice dei Pink Floyd torna a Milano dopo circa cinque anni, per un tour che potrebbe sancire la chiusura di un percorso straordinario nato tra gli ardori della psichedelia.

Come si è svolto il live

La scenografia è di certo meno spettacolare da un punto prettamente scenografico rispetto al precedente Us & them, restituisce un musicista in forma invidiabile. Infatti, è difficile accettare i 79 anni di un uomo che racconta da sempre le sue idee mediante la musica, vissuta come mezzo e non certo come fine.

Una musica che ha trovato nella follia onirica di The Piper at the Gates of Dawn e A Saucerful of Secrets le basi da cui partire verso quel lato oscuro di una Luna ancora oggi inarrivabile.

Il live, sviluppato su due tempi, ha avuto inizio con l’invito a spegnere i cellulari per potersi immergere nella scarnificata e cupa versione di Comfortably numb, accompagnata da inquiete e oscure immagini tese a dominare il parterre che, destabilizzato dalle pareti divisorie del quadruplo megaschermo, osserva incuriosito un nuovo arrangiamento epocale della traccia, pronta a trainare con sé The happiest Days of our lives e Another brick in the wall (parte 2 e 3).

Valicando poi le note di The power that be, Waters gioca con le immagini di The Bravery of Being Out of Range, un attacco diretto al potere terroristico e criminale perpetrato da Ronald Regan, Bush, Obama, Trump e Biden.

Il concerto, trova poi uno dei suoi apici emozionali attraverso il ricordo di Syd Barrett, mediante l’acclamata Wish you were here e Shine on you Crazy Diamond, due brividi straordinari al servizio di uno spettacolo che non dimentica di coinvolgere Algie, il maiale gonfiabile simbolo di  Animals, pronto a svolazzare sul pubblico ammaliato da un nuovo capolavoro contemporaneo: The Bar. La composizione lieve ed intimista, composta durante il lockdown, offre i propri tasti bianconeri alle emozioni che virano presto verso i martelli incrociati di In the flesh e Run like hell, durante le quali Waters si presenta vestito da dittatore.

Gli sguardi degli spettatori non hanno certo modo di annoiarsi, perché l’atteso mood di Us and Them e Brain Damage, unendosi a Eclipse e Any colour you like accompagnano gli enormi triangoli di luce che si palesano sopra il palco, tra linee e colori pulsanti.

A dare chiusura allo splendido live sono infine l’orologio dell’apocalisse di Two Suns in the sunset e la reprise di The bar, durante il quale i musicisti brindano con il Mezcal e l’avvolgente e festante versione di Outside the Wall, in cui tutti i protagonisti sfilano dietro a Waters in versione pifferaio magico.

Una sfilata proto-bandistica,  che chiude le emozioni nel backstage, dove le note di spengono per lasciare posto ai sorrisi di spettatori plaudenti.

Le canzoni riarrangiate

Per chi non avesse idea del lavoro di revisione delle canzoni eseguite nel tour vi consiglio di ascoltare la playlist creata sul canale ufficiale di Music on Tnt dove troverete le Lockdown session di Waters e che per comodità alleghiamo nell’articolo.