“Fear of the dark. Gli Iron Maiden negli anni Novanta”, Martin Popoff

Fear of the dark. Gli Iron Maiden negli anni Novanta, di Martin Popoff

Quello che avete in mano è una via di mezzo tra un libro sui Maiden e un libro su Bruce

Dal 1990, da quando ascoltai per la prima volta No prayer for dying, più e più volte mi sono ritrovato a pensare che una delle mie band preferite, gli Iron Maiden, non esistesse più, almeno per come l’avevo amata sino a Seventh son of a seventh son. Probabilmente perché mi sono ritrovato ad infastidirmi per l’arrivo di Janick Gers in sostituzione di Adrian Smith prima, e per l’esilio volontario di Bruce Dickinson poi, o più probabilmente a seguito di una sempre più forte virata stilistica, che mi ha allontanato dal magico periodo iniziale…senza contare, infine, l’allontanamento di Derek Riggs.

Proprio su questo periodo storico 1990-1999 si incentra il secondo volume della trilogia maideniana pensato da Martin Popoff che, dopo il successo di Rivelations. Gli Iron maiden dalle origini a Seventh son, torna sotto l’egida della Tsunami edizioni per raccontarci uno dei più travagliati periodi della band britannica.

 

 

Tradotto da Stefania Renzetti, il libro varia il proprio focus, incentrandosi in maniera alterna su band e carriera da solista di Dickinson, mostrando un alternanza narrativa in grado di raccontare da più angolazioni gli eventi di un decennio ricco di spunti narrativi.

Come da tradizione Popoff si sofferma nell’analisi accorta e approfondita delle tracce di una discografia, che trova nei suoi spin off un interessante terreno d’analisi, al servizio di una più completa comprensione di ciò che ha portato Blaze sotto la gogna di un Eddie deformato da Hugh Syme.

Infatti, i capitoli narrati come in un hitchcockiano montaggio alternato, ridefiniscono i contorni delle dinamiche sommerse, mostrando un interessante insofferenza di Dickinson alle regole della band, affianco alle quali emergono gli atteggiamenti relazionali e comportamentale dei protagonisti.

Ad impreziosire il saggio sono, infine, le voci che portano a noi curiosità nascoste dietro alle cover art, alle produzioni e alle decisioni non sempre lungimiranti che Harris e compagni hanno dovuto prendere in questi due lustri, qui narrati con abilità descrittoria dall’autore, ancora una volta pronto a rendere la sua opera imperdibile per chi da sempre ama la vergine di ferro.