Five Hundred Horse Power “Cluster”, recensione

Un disco veloce, destabilizzante e battente, in grado di fondere un crossover che non lascia chiari punti di riferimento. Uno stile che, partendo dagli spigoli DRI, arriva alle percussioni Nu metal, passando per riverberi distorsivi e mood Motorhead.

Si chiamano Five Hundred Horse Power (per gli amici 500 HP) e arrivano da Vicenza con la loro seconda fatica, pronta ad offrire un disco avvolgente e di buona prospettiva, in cui luci ed ombre si alternano in una set list che non offre veri e propri punti di appiglio.

Infatti, l’introduttiva Fake as shit pur perdendosi nella ripetitività narrativa, mostra sin da subito un ecletticità che per certi versi mi ha ricordato il coraggio espositivo di Corey Taylor. Proprio come il leader degli Slipknot, la band riesce a coniugare passaggi HC, Nu-metal e Classic, attraverso un cuore pulsante e battente, che trova il suo climax in Burn your soul e nella rabbiosa Look me and fuck me, pugno sonoro a cui sottoporsi con noncuranza.

Se poi con Burning memories la band si concede una parentesi osservativa ed intimista, con Rage’22 torna a colpire con plumbei passaggi, ideali per trainarci con le sue tastiere verso l’onirica e visionaria Sweet death, in cui emergono venature dark and gothic, pronte a virare verso un’implosione drammaturgica, che chiude un album ben strutturato ma (purtroppo) orfano di booklet.

Tracklist

1) Fake as Shit

2) Burn Your Soul

3) Look Me And Fuck Me

4) Burning Memories

5) Absolute Power

6) Rage ’22

7) Sweet Death