Alessio Bondì “Sfardo”, recensione

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Immerso tra i colori kaliani di una pittura dai tratti realistici, arriva a noi Alessio Bondì, cantautore siciliano pronto ad affrontare con originalità ed intraprendenza un mondo ricco di idee.

Un disco curioso, raccontato dall’arte narrativa di chi ha deciso di condurre per mano melanconia, nostalgia e suggestioni ricche di cromatismi caldi ed avvolgenti, da vivere ed ascoltare.

Bastano poche battute per essere invitati nell’aggraziato mondo di Sfardo, striato di pensieri e poetiche divagazioni, proprio come dimostra la dolcezza espressiva di Di cu si, in cui l’impronta tradizionale, danza verso un folk privo di confini, riuscendo ad abbracciare la spensieratezza con l’ironica osservazione di un mondo che si impolvera con Wild Rosalia, tanto da scomodare parallelismi Kid Combo, qui immersi tra ironia e assonanze tipiche della Trinacria. Habitat che sembra (solo apparentemente) discostarsi dalla marcata impronta west, non così divergente dalla tradizione sicula.

Il viaggio narrativo non disdegna certo un accorto intimismo, ben strutturato in Granni Granni, che con un sapore di lontana saudade, si ripara dietro ai docili accordi del passato più bello. Una momentanea melanconia, che ci invita a saltare senza preavviso su di un bridge vivo, vitale e trainante.

Se poi l’osservativa In funn’o mare, pare estratta da un tempo lontano, è con Vucciria che l’autore si erge sul carro del funky, libero da ogni freno espressivo, e spinto da tecniche ben assestate di un ritmo danzante, che si fortifica tra clapping hands e sottili andamenti depiscopiani. La struttura pseudo spoken word si allinea, poi, sulle fresche alture di Rimmillu ru voti, introspettivo sguardo in grado di riunire la naturalezza on the road con sguardi antichi, volti verso il miglior cantautorato. Note che corrono su sguardi chiusi e sognanti, valevoli come invito a pensare tra le tracce di un album che potrebbe osare, quanto la magia emozionale di Es mi mai.

A chiudere il mondo talentuoso di Buondì sono, infine, le voci melanconiche dalla titletrack, ad onor del vero, tra le tracce meno convincenti, e la poetica visionaria di Pisci rintr’a to panza, lirica scomposta e narrativa nelle sue aperture armoniche, ideali per conciliare lo sguardo sognante che pervade un disco da ascoltare con attenzione ed occhi serrati.