Ampersand “Dead one and a horse”, recensione

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A dirla come la settimana enigmistica …non tutti sanno che l’ampersand altro non è che la cosiddetta “e commerciale”, simbolo diffuso prevalentemente nel mondo anglosassone col valore di “and”.

Questo simbolismo di congiunzione ben si sposa con l’idea musicale che riesce a dare “Dead one and a horse”, un’attenta mescolanza di strumenti e stili che i tedeschi Ampersand regalano ai vecchi e nuovi fan tornando alle stampe dopo qualche tempo. La loro convincente opera quarta è senza troppi dubbi assestabile tra i collidenti mondi pop, elettronic e rock, tra ritmiche ragionate, ascoltabilità e verve da classic rock.

Leggendo la loro dichiarazione sulla noia musicale (“Siamo quasi vecchi ormai e quindi ci annoiamo abbastanza velocemente di ciò che ascoltiamo, per questo motivo volevamo fare qualcosa che , appunto, non ci annoiasse e ci divertisse ancora dopo tanti concerti…”), mi sono ritrovato immediatamente catapultato nel loro mondo, spinto ovviamente da bulimia musicale, riuscendo però a rimanere ancorato al disco per più dei soliti quattro giorni, termine ultimo di tedio musicale.

“Dead one and a horse” si apre con “Home Tom”, che ci indirizza immediatamente verso un orizzonte ad ampio raggio sonoro, con l’uso di un semplice riff chitarristico a cui si unisce un buon lavoro di batteria ed una voce tonale, che sembra inizialmente ricordare Steve Harwel. Incipit, capace di trascinarci tra luminosi e caldi bassi, è impreziosito da un arrangiamento curato, che rasenta il modus operandi dell’alternative rock d’oltreoceano.

Il disco riesce a farci assaporare dosi di stoner, blues e rock classico come accade nei brani doorsiani “Make’em bleed” e “”Take it”, per poi perdersi in sfondi elettronici acclarabili in maniera palese in “That Day”, nella quale l’arte danzereccia jamiroqueiana prende forma verso un electrorock particolareggiato. Sul binario altronico insiste “Hot-Uh!” , in cui una ridondante linea di cantato insegue un ipnotico iter metodico.

Proprio grazie alla buona vocalità si riesce ad andare oltre al pensato, attraverso inversioni sonore piacevoli e coerenti in cui la batteria ne rappresenta un valore aggiunto, come dimostra la “Tony Tony” e lo sguardo anni 70 di “Closer”, che si evolve ben presto verso “Chasseur de Téte”,piacevole ballata di caratura, in cui un suono a tratti lounge, sembra toccare la realtà Portishead, attraverso un duetto vocale di ampio valore artistico, tra sax anticlimatici e calore compositivo, tra armonia e soft noise, rumorismo anticipatorio di una calma e riflessiva visione musicale.

Un disco intenso, che riesce a cucire ricami interessanti e non banali, per un audience figlia del rock classico e di quel mondo alternative che non sempre ha la necessita di sviluppare estremisti compositivi per sorprendere.

Tour

ven 5 Nov PERUGIA (Kandisky Pub) TBC
sab 6 Nov ROMA (Conte Staccio) confirmed
dom 7 Nov TBA
lun 8 Nov TBA
mar 9 Nov TBA
mer 10 SIRACUSA
gio 11 CATANIA (La chiave)
ven 12 PALERMO (Lizard)
sab 13 MESSINA (TBA)