Animation – Ageno, recensione.

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Doppio salto mortale con piroetta. E’ questo ciò che mi è venuto in mente quando ho letto il concetto dietro ad “Agemo” degli Animation. Un disco che si porta dietro parecchie storie. Una, quella fondamentale, è l’esistenza di “Bitches Brew” di Miles Davis, un lavoro che ha rivoluzionato prima il jazz e poi la musica tutta, risultando ancora oggi un’influenza primaria per artisti di qualsiasi genere, laddove la sperimentazione incontra il minimalismo, l’acustico si sposa con l’elettrico e l’azzardo diventa normalità. Ma se la maggior parte di coloro che hanno sviluppato un proprio percorso musicale si portano “Bitches Brew” nella testa e nel cuore, nel caso degli Animation c’è di più, perché questo insuperabile capolavoro lo hanno voluto reinterpretare a loro modo, in chiave moderna, tra il drum-n-bass ed il dub. Solo che questo, ed ecco la storia numero due, lo hanno fatto in “Asiento”, loro album d’esordio che ha messo d’accordo appassionati e critica per l’equilibrio nel rispettare l’originale e la creatività nel metterci del loro. Non contenti di aver superato questo ostacolo apparentemente insormontabile, decidono di continuare a rischiare il confronto andando olte con “Agemo”, nel quale rivedono il loro lavoro precedente mixandolo con la tecnica 3D60 che mira a rendere il suono tridimensionale, con lo scopo di ottimizzare l’ascolto in cuffia, di conseguenza in questo caso particolarmente consigliato. Ma non è finita qui. “Agemo” contiene anche un CD aggiuntivo dedicato a dei remix veri e propri delle interpretazioni di “Asiento”, curate da specialisti del settore quali Bill Laswell e Fanu. Insomma, una certosina ricerca mirata alla trasformazione musicale che allo stesso tempo risulti come un omaggio ad un caposaldo del suono contemporaneo.

Ma chi sono gli Animation? Alla base del progetto c’è un uomo, Bob Belden, al sassofono, che era presente nello studio durante la registrazione di “Bitches Brew”, come parte del team dei produttori. Quasi ossessionato dai suoni creati per l’occasione da Miles, Bob ha rispolverato il suo sax mettendo insieme un gruppo di validi musicisti britannici (Tim Hagans alla tromba, Scott Kinsey alle tastiere, Matt Garrison al basso, Guy Licata alla batteria e DJ Logic ai piatti) per ricreare quelle atmosfere magiche personalizzandole con tocchi moderni. Ciò che ne vien fuori è un impatto ipnotizzante, che inizialmente fa ragionare su quanto Miles Davis stesse avanti mentalmente, e come un disco uscito più di quarant’anni fa possa risultare così incredibilmente attuale, addirittura sperimentale rispetto ai suoni degli anni 2000. La stessa verve psichedelica, spaziale e complessa si ritrova nei suoni del remake di “Pharaoh’s Dance”. Poi pian piano si colgono gli spunti dati dagli Animation che, con molto rispetto ma con tanta personalità, si impossessano del disco e gli danno connotati funky (“John McLaughlin”), esplorano contaminazioni jungle e decisamente più elettroniche in “Bitches Brew” o ancora creano un atmosfera notturna e particolare in “Miles Runs The Voodoo Down”. “Spanish Key” è strutturata inizialmente in stile dub e lungo i suoi undici minuti si snoda in un percorso che svaria dalla new wave al deep funk, ricordando persino lavori degli anni settanta alla “Layers” di Les McCann. L’ultima dedica è “Sanctuary”, forse l’omaggio più grande perché pervasa da una lenta e straziante tromba che si adagia su effetti e rumori minimali e toccanti, specialmente quando sono le cuffie a regalarci il suono. Se le emozioni del primo CD non vi bastano, i remix presenti nel secondo sono la rivoluzione della rivoluzione, laddove “Pharoah’s Dance” acquisisce una struttura vicina all’hardrock, o ancora la versione “nuda e cruda” dub di “Bitches Brew” sembra portare Miles Davis in Giamaica. Chitarre e rumori distorti rendono “John McLaughlin” vicina al post-punk, riuscendo nell’impresa apparentemente ardua di non snaturarne lo spirito.

Insomma, se “Bitches Brew” è stato l’lp che, tra i tanti altri meriti, ha dato vita alla fusion (per altro portandola a livelli di creatività mai eguagliati dai tanti discepoli) il lavoro degli Animation è il giusto modo per proseguire la miscela di generi, guardando avanti e spaziando verso nuovi orizzonti. Ma la cosa più impressionante di “Ageno” (così come del fratello “Asiento”) è che fa pensare a Miles come se fosse ancora tra di noi, probabilmente molto vicino ad immaginare la sua musica proprio in questo modo. E se mai potessero sorgere dei dubbi sulla possibilità di reintrepretare “Bitches Brew”, quella degli Animation è una risposta più che credibile. Da ascoltare, da apprezzare, da godere.