Bruce Springsteen – Working On A Dream Tour 2009

Bruce Springsteen - Working on a dream live 2009

Le grandi star difficilmente muoiono. Non è facile, durante la vecchiaia, dimostrare ancora di essere immortali e giovani, ma forse è proprio questo il momento in cui è possibile imporsi qualcosa nella vita: non lasciare che gli ultimi atti su questa Terra vadano sprecati. Di certo non è facile avere tante possibilità, specialmente nel campo della musica è più facile avere un passato radioso, ma ancora più difficile avere un futuro, soprattutto quando si arriva a un certo numero di dischi. Possono essere decretate varie tappe attraverso quei piccoli oggetti circolari: lavoro della nascita, della conferma, della more, della pausa, della rinascita, , ecc. Bruce Springsteen non è ancora arrivato a dover rinascere, ma, molto più semplicemente, in un certo senso è quella la sensazione che ha voluto dare con il suo ultimo lavoro “Working On A Dream”, inteso non solo come una nuova visione della luce artistica, ma anche di quella del suo paese che, grazie a Obama, può finalmente essere libero da ogni tipo di pregiudizio come nazione “killer”.

Il cd, come il precedente “Magic”, era normale fosse supportato da un tour mondiale, il quale sembra ancora riscuotere molto successo, tanto che la maggior parte delle date sono state marchiate dalla scritta “Sold Out”. Il 19 Luglio, allo Stadio Olimpico, il Boss ha deciso di sbalordire la folla con uno show di tre ore non stop che, iniziato con mezz’ora di ritardo, è finito in un orario che ha fatto sì, ancora una volta, che il popolo romano si lamentasse per l’eccessivo rumore. Bruce non è stato fortunato nemmeno l’anno scorso a Milano dove è sorto lo stesso identico problema, quindi la domanda sorge spontanea: all’Italia piace o no il rock? La risposta, a giudicare dalle lamentale, sembrerebbe negativa, ma se si tenta di formulare un’ipotesi dall’interno dello Stadio colmo di persone che erano lì solo per adorare la loro star preferita, si può pensare al contrario.

Lo Stadio, come al solito per le grandi occasioni, vedeva il palco posto a centrocampo con un’ “architettura” molto simile a quella dei Depeche Mode soltanto con qualche differenza molto evidente: dei vari piani sui quali posizionare pianoforte e batteria e un mega schermo gigante sul quale proiettare foto e sfondi per dare maggiore risalto all’atmosfera immaginaria di molte canzoni, ma soprattutto per avere chiaro non tanto il concetto di malinconia, ma di passato glorioso ottenuto con la E-Street Band. Le luci non erano proprio indispensabili, poiché non sono servite a molto e il massimo si è potuto ottenere attraverso un accendi/spegni generale per fare in modo che il Boss avesse chiara la visuale di quanto lo amasse il suo pubblico. Gli altoparlanti erano posizionati esattamente nelle parti superiori del palco dando l’idea di un’acustica perfetta che, però, mostrava delle gravi difficoltà nell’impostare al meglio il volume del microfono a volte troppo basso. Il Boss era posizionato al centro con a fianco il sassofonista ( Clarence Clemons ), la moglie Patti Scialfa ( chitarra ritmica, tamburello e violino ) e la chitarra solista ( Steven Van Zandt ), tutti capaci di scendere tra i fans attraverso delle scale e una piccola pedana, le quali, però, intralciavano la visuale a chi era posizionato più lontano.

Il concerto, aperto dal tema di “C’era Una Volta Il West” di Ennio Morricone, si è svolto senza interruzioni ( a parte per un discorso su rumore e musica fatto da Bruce sul finale di “Working On A Dream” ), altalenandosi tra successi nuovi e vecchi, ma che non necessariamente hanno riportato alla luce tutto quello che ci si sarebbe aspettati da un concerto simile. Senza fraintendere, lo spettacolo c’è stato, ma dopo molte canzoni ( tra cui, stranamente, anche la lunga “Outlaw Pete”; brano d’apertura dell’ultimo album ) sul finale ci si aspettava decisamente qualcosa di diverso o almeno un “spolveratina” più ampia al disco che ha reso famoso la figura di Springsteen e al precedente lavoro, ovvero il cd emblema del rock degli anni 80 “Born In The U.S.A.”. Infatti, stranamente, il Boss ha preferito concentrarsi su molti brani immortali quali “Atlantic City”, “She’s The One” e altri, tralasciando non solo la canzone che è una sorta di sua seconda identità, ma anche la bellissima “My Hometown” e “Radio Nowhere”, come anche la stessa “Streets Of Philadelphia”, nonché il singolo dell’ultimo lavoro “My Lucky Day”, preferendo la frizzante “Surprise, Surprise”. Dopo i brani in scaletta, il Boss, come in tutti i suoi concerti ha iniziato a prendere i cartelloni dei fans sui quali erano scritti i brani a richiesta quali, “Pink Cadillac”, “I’m On Fire”, “Hungry Heart” e tanti altri. Ma il culmine lo si è raggiunto attraverso le solite esagerazioni della rockstar che ha fatto salire sul palco due bambini per cantare delle sue canzoni, dicendo anche che erano molto bravi, fino alla solita ragazza che ha ballato con lui. Come si diceva prima, il finale infatti non ha riservato molte sorprese, poiché, oltre alla ovvia presenza di “Born To Run” e alla strana comparsa della mamma di Springsteen sul palco mentre ballava, il concerto è stato chiuso da una cover di “Twist And Shout” dei Beatles ( cosa probabile per la presenza di “Tomorrow Never Knows” nell’ultimo progetto ), mosso sullo steso giro armonico de “La Bamba”.

Ecco la scaletta:

Badlands
Out in the Street
Outlaw Pete
No Surrender
She’s the One
Working on a Dream
Seeds
Johnny 99
Atlantic City
Raise Your Hand (instrumental)
Hungry Heart
Pink Cadillac
I’m on Fire
Surprise Surprise
Prove It All Night
Waitin’ on a Sunny Day
The Promised Land
American Skin (41 Shots)
Lonesome Day
The Rising
Born to Run
* * *
My City of Ruins
Thunder Road
You Can’t Sit Down
American Land
Bobby Jean
Dancing in the Dark
Twist and Shout

Il “Working On A Dream Tour” non sarà stato un concerto con tutte le canzoni del repertorio dl Boss, ma è stato uno spettacolo degno di essere visto dall’inizio alla fine.