Cheick Tidiane Seck & Hank Jones – Sarala

copertina di Sarala di Seck e Jones

Per chi non riuscisse a metterlo a fuoco, Hank Jones, oltre ad essere il fratello maggiore del cornettista Thad e del batterista Elvin, è anche un monumento della Golden Era del Jazz. Pianista ispirato da Fats Waller, Earl “Fatha” Hines e Art Tatum, fu uno dei protagonisti della rivoluzione be-bop. Suonò, tra gli altri, con Charlie Parker, Roy Eldridge, Ella Fitsgerald e Frank Sinatra.

Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro per suscitare nei suoi confronti una dovuta ammirazione.

Eppure, nonostante nel 1995 avesse i suoi 76 anni “suonati” (è proprio il caso di dirlo), mister Jones ha ancora voglia di nuove emozioni, e registra un album stupefacente assieme ad uno straordinario gruppo originario dell’Africa Occidentale. Niente di nuovo, direte voi. Il numero di jazzisti che hanno ricercato le radici della loro musica in terra africana non si contano: Duke Ellington, Max Roach, Art Blakey, Randy Weston, John Coltrane, Pharoah Sanders, Archie Shepp, Sun Ra, Art Ensamble of Chicago, e si potrebbe andare avanti per molte righe ancora.

Ma Sarala non è un disco di jazz, e nemmeno una “bizzarra” fusione tra jazz e musica tradizionale africana. Almeno non di quei lavori in cui permane troppa distanza tra diverse sensibilità, come accade, a mio parere, in certi esperimenti targati ECM, oppure nei lavori di Bill Laswell con Foday Musa Suso o, peggio ancora, in recenti duetti come quello tra il nostro Ludovico Einaudi e il grande maestro della kora Ballake Sissoko, o tra il trombonista Roswell Rudd e Toumani Diabate. Tentativi per certi versi meritori, ma poco riusciti.

Al contrario, Sarala è un disco di purissima musica mandengue suonata ai massimi livelli, in cui un pianista gentile e appassionato firma in punta di dita ogni brano. Forse perché non ha bisogno di affermare sé stesso, Jones riesce ad inserirsi con straordinaria sensibilità nella trama sonora che lo avvolge.

In un’epoca di continui intrecci musicali, spesso goffi o stridenti, Sarala di Hank Jones ci mostra la via del rispetto. E in effetti Cheick Tidiane Seck e i suoi Mandinkas sono artisti di grande levatura ed esperienza. Seck, tastierista, arrangiatore e compositore maliano, ha suonato a lungo con il principe albino Salif Keita, sin dai tempi degli Ambassadeurs du Motel e della Super Rail Band de Bamako, fino a Soro, l’album del 1987 che, assieme ad Akwaba Beach di Mory Kanté, consacrò la tradizione musicale mandengue a livello internazionale. Oltre a ciò ha sulle spalle collaborazioni eclettiche con artisti del calibro di Jimmy Cliff e Joe Zawinul. Accanto a lui il gruppo denominato Mandinkas, tra le cui file figurano la splendida cantante e attrice tunisina Amina Annabi, la grande voce di Kasse-mady Diabate, la kora di Djeli-Moussa Conde, il balafon di Lansine Kouyate, lo n’goni di Moriba Koita, le straordinarie chitarre di Manfila Kante, Ousmane Kouyate e Djeli-Moussa Kouyate, il flauto di Aly Wague, le percussioni di Tom Diakite e Moussa Sissoko, il basso di Sekou Diabate e altri ancora.

I 12 brani di oltre 73 minuti totali di questo disco sono da scoprire uno ad uno. Mi permetto di segnalare “sottovoce” la straordinaria traccia 4, Tounia Kanibala, in cui potrete ascoltare la voce di Kasse-Mady Diabate, forse la più bella voce maschile del Mali, e Fantague, la traccia 6, un brano jazz in salsa mandengue, in cui allo splendido assolo di Jones si affiancano i vibranti contributi di Moriba Koita, Ousmane Kouyate e Cheick-Tidiane.

Sarala è stato ristampato dalla Universal France nel 2003. Se amate la buona musica e il jazz in particolare e, cercando nei negozi di musica italiani, riuscirete a trovarlo, non fatevelo scappare: dischi di frontiera così ben riusciti non capitano molto spesso.