Colonnelli “Come Dio Comanda (Canzoni di Sangue ad Alti Ottani)” recensione

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“Mi fai schifo come i soldi e la finzione come il tuo rock”

Chi sono i colonnelli? Da dove arrivano?

Se volete sapere qualcosa di più in merito ai Colonnelli vi suggerisco di partire leggendo la propedeutica recensione di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi , perché non voglio perdere né tempo né parole che non siano legate al sound devastante di un disco che popola la mia mente da circa 15 giorni.
Ancora legata alla Ferrarese (R)esisto, il nuovo LP del potente trio (senza mediazioni) colpisce in faccia l’ascoltatore, modulando uno stile thrash speed in grado di muovere i miei entusiasmi sopiti. La velocità esasperata della titletrack, qui intarsiata da improvvisi silenzi, cambi di ritmica e rigurgiti teutonici, fornisce le giuste impronte heavy date a battesimo dalla perfezione di un timbro granulare e primordiale (Amleto). Il disco, cadenzato delle pelli di Bernardo Grillo, mostra un proto blast beat estemporaneo, in cui l’eccessiva armonia easy modifica il giusto itinerario, qui ripreso dal riffing in Megadeth style di Demoni e viscere, traccia nella quale si inseriscono sentieri vocali rabbiosi e per certi versi non troppo discosti da un sound piacevolmente inquinato da passaggi nu-Metal di inizio secolo.

Le ombre in tonalità minore, pur non raccogliendo una marcata ossessività, trovano uno dei tanti apici compositivi in Il blues del macellaio, amalgama sonora nella quale i graffi narrativi vanno a cucirsi in maniera impeccabile alla partitura battente, alimentata da uno scarno songwriting e passaggi eightees, pronti a trovare un’accelerazione travolgente nel suo finale. L’occlusione esecutivo-espressiva si mostra però con più accortezza tra i “tumulti e l’orrore” de L’impeto del frastuono, pronta a calmierarsi sulle note osservative di un Interludio tardivo, ideale nel segnare la strada terminale di LochNess, ermetica composizione che, con il suo sound dilatato, offre uno sguardo inedito all’interno di un assetto bilanciato ed aggressivo.

A complementare il (lasciatemelo dire) notevole album è, infine, un omaggio ad una chiara fonte di ispirazione chiamata Marlene kuntz. La band cuneese, infatti, viene rivisitata con una non riuscitissima versione trash di Festa Mesta che, nonostante i dubbi che solleva, non va ad intaccare uno dei migliori dischi underground di questa inizio primavera.

Tracklist

1 Intro
2 Amleto
3 Come Dio Comanda
4 V.M.18
5 Sangue Ad Alti Ottani
6 Demoni E Viscere
7 Il Blues Del Macellaio
8 L’impeto Del Frastuono
9 Interludio
10 Festa Mesta
11 Lochness