Counting Crows – Recensione dell’album Hard candy.

Counting Crows - Hard Candy cover del cd.

Non serve leggere il nome dell’autore dell’album, bastano le prime note.
Il suono della chitarra di “Hard Candy” è pulito e nostalgico mentre inizia a delineare la semplice melodia. Poco dopo entra la voce, ed allora davvero ogni possibile dubbio è fugato.

Non sono effetti o virtuosismi particolari a delineare il sound dei Counting Crows e a renderli così riconoscibili; al contrario è proprio la semplicità il loro tratto più caratteristico. Semplicità che però nasconde una ricerca del suono molto puntigliosa ed un’acuta consapevolezza che permea ogni momento musicale.

Per le melodie malinconiche ma pur intense e soprattutto per la potenza evocativa dei testi, “Hard Candy” (canzone che dà titolo all’album) richiama “Mr Jones”, forse il più fortunato brano della band, contenuto nell’album di debutto “August And Everything After”.

“On certain Sundays in November
When the weather bothers me
I empty drawers of other summers
Where my shadow used to be
She is standing by the water…… “

…secondo la formula tanto amata dal gruppo, il testo si apre con la descrizione di un’atmosfera grigia e un po’ deprimente che contrasta con il successivo susseguirsi di bei ricordi di un’estate passata. Il centro di questi ricordi è, naturalmente, una donna.
Sulla stessa linea si pone “American Girl”,nella quale viene dato particolare spazio agli splendidi cori eseguiti da Sheryl Crow e dove troviamo una varietà ritmico-melodica leggermente maggiore, sebbene alla fine il brano risulti, forse per via del testo meno brillante,un po’ anonimo.

Segue “Good Time”, pezzo particolarmente incentrato sulla forza espressiva della voce e con un testo fragile e delicato che di nuovo rimanda ad una canzone del primo album, la struggente “Anna Begins”.
In tutto “Hard Candy” del resto ritroviamo le peculiarità che da sempre caratterizzano la band: il continuo alternarsi di slancio vitale, nostalgia e gioia e la centralità della voce.

Particolarmente intense sono “Good Night L.A,”, “Carriage” e soprattutto la splendida “Black And Blue”, classico esempio di come tutti gli elementi contribuiscano a creare con sapienza il giusto equilibrio inserendo piccoli dettagli che arricchiscono di sfumature ed evitando accuratamente ogni eccedenza che potrebbe invece causare una forzatura.
“Good night L.A.” Contiene uno dei testi più tipici del songwriter Adam Duritz: un dialogo con sé stesso, come fosse una pagina scritta nel cuore della notte e rubata dal proprio diario.

Curiose ed inaspettate si rivelano “Butterfly in reverse”, parodia o meglio parafrasi dello stile anni 30 dei cantanti swing, e “New frontier”, che rimanda ai R.e.m. non solo per la linea melodica ma anche per la presenza di lievi distorsioni e per il testo criptico.

Seguono un paio di semplici brani pop nel tipico stile Counting Crows, ed in chiusura troviamo “Holiday in Spain”, ballata eseguita solo da voce e pianoforte, molto dolce e, ancora una volta, intensa ed evocativa.

L’album non rivela particolari sorprese. La scelta di iniziare con pezzi ritmati per una graduale discesa verso una maggiore introspezione è rispettata come nei precedenti album, con la differenza che questa volta la successione non si chiude con una ripresa dell’atmosfera iniziale ma sfuma invece in un momento ancor più delicato. Le liriche sono come sempre nostalgiche, incentrate su memorie, riflessioni o sofferenze nelle quali l’amore è punto focale.

Purtroppo complessivamente la struttura si fa sempre più convenzionale e manca quasi del tutto il procedere della parte vocale apparentemente per improvvisazione che impreziosiva molte canzoni a inizio carriera.
E’ solo un cambiamento di approccio, non un calo di attenzione, che però toglie il più consistente elemento di originalità allo stile della band.

“Hard Candy” ben si colloca dunque sulla scia dei precedenti album.
Del resto i Counting Crows non possono essere considerati compositori d’eccezionale genialità.

Sono però grandi esecutori; esperti, attenti e sensibili musicisti che non si lasciano mai andare a manie di protagonismo con lunghi e sterili assoli ed allo stesso tempo non cedono mai alla noncuranza. Ogni suono è ben calibrato, ragionato, funzionale alla creazione delle lievi sfumature che accrescono notevolmente il livello qualitativo. Si sopperisce così alla mancanza di considerevoli innovazioni e ciò che ne viene fuori è un bel disco pop. Che, di questi tempi, non è poco.