David Fiuczynski “Planet Microjam”, recensione

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Questo mese, accompagnati dalla fedele collaborazione della Lunatik ci spostiamo oltreoceano, sulle sponde della Massachusset Bay, sopra gli scalini del Berklee College of Music di Boston, dove la creatività musicale di David Fiuczynski, si adorna di didascalico e razionale metodo formativo.
Il visionario artista si descrive come un musicista jazz che non vuole suonare solo jazz, come dimostrano le molte collaborazioni che fioriscono attorno al poliedrico approccio musicale di Fuze. Sono più di novanta (!) i dischi in cui appare il nome di David, ma a ben analizzare la discografia del musicista più che bulimia sonica, reale protagonista sembra essere il desiderio di confrontarsi continuamente con nuovi mondi e nuove sonorità che esulano dagli Screaming Headless Torsos. Infatti, progetti paralleli e spin off hanno portato all’esplorazione libera da ogni vincolo, arrivando a territori rock, free, jazz e sperimentalismi apolidi.
In perfetta armonia con il retroterra culturale dell’autore questo nuovo Planet Microjam rappresenta le mille sfaccettature musicali del suo passato, attraverso influssi diversificati, collaborazioni e trovate stilistiche d’ingegno e coraggio. Nel disco, uscito per la RareNoise Records, ritroviamo la concettualità ardita del micro tonale, tecnica inusuale che ci trasporta fra le fessure del sistema equamente temperato, sporcato di root folk, jazz, blues e ethno music. Un pout pourrì artistico che trova un buon parallelismo anche nella sua cover art, da cui sembrano fuoriuscire accenni di linearismo confusivo, (dé)collage e improvvisazione cromatica.
Le 11 tracce che compongono questo nuovo folle progetto, sembrano volare attraverso il mondo passatista per rinvigorirsi sul pionierismo motonotale, attraverso l’uso di sonorità, tecniche e strumentazioni atipiche come il basso fretless di Evan Marien e la chitarra senza tasti di David, grazie all’utilizzo della quale si assiste ad una netta rottura di schemi, che si aprono alle infinite procedure di modulare il suono.
Il tracciato musicale riesce a sorprendere e tramortire attraverso richiami lontani (Sun song) e vertiginose cadute sonore (Meditaction), che si formano su basamenti strutturali propri di Julian CArrillo, artista presente anche nella ridondante En Secreto. Lo sviluppo trasversale proposto dal disco si rifà ad una serena giocosità che attraversa il silente minimalismo del Green lament di Fiuczynki e i richiami drum’n’bass di Mystic microjam, alle cui pelli ritroviamo Jovol Bell, i cui passaggi risultano portati da un acido violino, tra movimenti liberi e sensazioni ipnotiche.

Tra i brani più interessanti ritroviamo l’opener dall’ impronta jazz Micro emperor e il Green Lament cinese, in cui una silenziosa e ragionata chitarra dona all’ascoltatore pensieri e limpidezza, capace di orientarsi alla chiusura del nostro vissuto, per poi spingerci verso una connotazione orientale di un mondo minimale, che si fa cupo nella chiusura Ragaku, in cui la rigida inquietudine ci lascia con la sua brevità sul confine di un aperto finale.

Dunque un disco aristocratico che nasconde un tecnicismo ragguardevole, capace di compiacere tutti coloro che ricercano la purezza compositiva libera da ogni clichè. Un volo pindarico ed emozionale che non nasconde istinto ed erudizione.

Tracklist

1 Micro Emperor
2 Mystic Microjam
3 Meditacion
4 Sun Song
5 Horos Fuzivikos
6 Drunken Longing
7 Madoka Blue
8 En Secreto
9 Green Lament
10 Apprehension
11 Ragaku