Dealma “Ritual”, recensione

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Quando ho visto arrivare in redazione il nuovo disco dei Dealma (lo confesso) ho deciso in maniera irrazionale e soggettiva di porlo sopra la cima dei dischi da recensire. Il semplice gusto di (ri) scoprire le certezza mostrate nel loro debut ha avuto la meglio sulla linearità oggettiva. Così spinto dalla curiosità di scoprire le nuove tracce ho rivolto il mio interesse verso la una cover art, in grado di scollegarsi dal visionario surrealismo dell’opera prima per volgersi verso tecnocratiche sensazioni vicine ad una certa tipologia di nu-metal. Un riuscito incrocio stilistico, i cui ingranaggi del passato fungono da motore occulto del presente.

Il disco, promosso dalla Lunatik, prende vita con Thousand Reason, la cui introduzione rituale appare come una sorta di impostazione iniziatica, in cui le percussioni pseudo tribali ci invitano all’interno di una magia occulta, battezzata dai simbolismi dell’art work che ne accrescono una non manifesta magicità.
Sin dalle prime note torna il piacevole rimando Soundgarden, che aveva già caratterizzato il precedente lavoro, tra stilismi accorti e caratterizzazioni vocali vicine al timbro di Chris Cornell. Senza molti dubbi, l’ottima componente Seattle pone le basi del movimento andandosi ad unire ad uno stampo armonico che trova spezie Pearl jam nell’outro, per poi appoggiarsi sul tappeto ritmico di Premonitions, da cui emerge una sorprendente aurea funky –dance. Un inatteso rimando anni’70, che destabilizza ascoltatore, subito pronto a gettarsi tra le note di Vital Stones e ai margini della bass line consumata da D.S.S., cadenzata opera disturbante e narrativa.La canzone, tra le migliori del gruppo, non rimane ancorata alla tipizzazione attesa, proprio grazie al groove e ai cambi direzionali ben armonizzati da un’aurea corale, che ci riporta alla nwobhm di fine anni ‘80 e al glam rock dei Motley Crue.
Sul medesimo orizzonte troviamo poi il timbro graffiato e ruvido di Belief Valley , inquinato da elementi heavy, che ne definiscono un ulteriore profondità.

Se poi Ritual offre un lato soffuso ed introverso con i suoi sentori Cult, con lo spledido attacco di Seasons l’imponente quattro corde lancia lo sguardo su note semplici, il cui utilizzo ricalca sampler e percussioni atte a portare le armonie Creed di Love without mouth, testimonianza di un disco in crescendo.

Anche se oggi non esiste più la facilità di storicizzare un disco o una band, vista la fruizione breve della musica, continuo a credere che questa band abbia un ottimo futuro.

Tracklist:
01. The Thousand Reasons
02. Premonitions
03. Vital Stones
04. D.S.S.
05. Beliefs Valley
06. Ritual
07. Seasons
08. Love Without Mouth
09. Another Passenger